A Villa Mirabello il racconto difficile della terapia intensiva durante il Covid. “Ma non chiamateci eroi”
È stata inaugurata la mostra che raccoglie gli scatti realizzati da tre medici rianimatori durante la prima ondata. Nel ricordo di medici, sanitari e pazienti la paura di non farcela
Il 18 marzo 2020 rimarrà una data indelebile nella memoria. La lunga fila di camion militari che trasportavano le bare a Bargamo resero chiaro a tutti il pericolo che stavamo vivendo dentro la pandemia.
Nel terzo anniversario di quella tragica sfilata, nella giornata dedicata alla memoria delle vittime del covid, a Villa Mirabello nei Giardini Estensi di Varese è stata inaugurata la mostra “Intensive care Shots”. Istantanee realizzate durante la prima ondata da tre medici rianimatori della terapia intensiva di Varese. Quegli scatti oggi sono un omaggio all’impegno dei tanti sanitari, che in questi anni hanno affrontato il virus.
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L’inaugurazione è stata preceduta da una cerimonia molto toccante che ha visto parlare i protagonisti: dal dottor Silvio Zerbi, uno dei fotografi e ideatore e curatore della mostra, al suo primario dottor Luca Cabrini, a Davide Maraggia, responsabile Terapia Intensiva Generale e fotografo insieme ad Alessandro De Martino, all’infermiera Maria Ballerio. Il consigliere Guido Bonoldi, delegato del sindaco alla sanità, ha ricordato il suo rientro in corsia in quesi mesi, come medico volontario, e l’escalation dei numeri dei positivi in provincia di Varese: uno a febbraio, 77 a marzo, 211 in aprile. E poi i 31 di maggio, i 6 di giugno, i 3 di luglio, i 24 di agosto e i 46 di settembre. Quindi, la seconda ondata, molto violenta nel Varesotto con i 1066 positivi di ottobre, i 2023 di novembre e i 743 di dicembre. Nell’autunno 2020 l’Asst Sette Laghi arrivò a ricoverate 688 degenti positivi al covid, nessun’altra azienda ospedaliera raggiunse quel livello di occupazione.
Ricordi vividi nella memoria dei molti presenti, dai massimi vertici delle forze dell’ordine, ai tanti medici dell’Asst Sette Laghi, operatori sanitari, volontari. In sala il commissario straordinario della Sette Laghi dottor Micale ma non il direttore sanitario Maffioli che di quell’attività complicata fu il regista. A fare gli onori di casa il sindaco Davide Galimberti che ha ringraziato a nome dell’intera collettività coloro che sono stati in prima linea nei giorni più difficili e, in particolare, gli autori degli scatti che resteranno un documento storico a futura memoria.
La commozione tra i presenti ha poi raggiunto l’apice durante il racconto di Marco, uno dei tanti pazienti gravi che la terapia intensiva di Varese ha curato. Un paziente che a lungo è stato tra la vita e la morte e che è rinato piano piano anche grazie alla caparbietà dei suoi “angeli”. Ha ricordato quando era convinto di non farcela e poi la prima video chiamata alla moglie e alle sue tre figlie, la lenta rinascita. Un ricordo vivido dove sono emersi tutti i sentimenti dalla paura, all’ansia, alla rabbia, alla speranza. « Ma non chiamateci eroi – ha chiesto il dottor Luca Cabrini primario della terapia intensiva – siamo stati solo uomini e donne spaventati che ogni giorno si presentavano al lavoro perché così dovevano fare. Abbiamo pianto, abbiamo ceduto allo sconforto, ci siamo isolati dalle nostre famiglie, ci siamo allontanati per non essere portatori del virus. Ma in tutto ciò abbiamo sentito il calore di una comunità che ci sosteneva da fuori: i clacson suonati dalle forze dell’ordine, le pizze e i pasticcini che ci arrivavano in reparto. L’altro giorno si è celebrata la giornata contro la violenza agli operatori sanitari: sembra incredibile».
La mostra, organizzata dal Comune di Varese con il patrocinio di ASST Sette Laghi e AAROI EMAC, Associazione Anestetisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area Critica, rimarrà aperta fino al prossimo 29 marzo.
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