Dal CISA di Locarno a Kiruna: c’è un pezzo di Varese nel concorso Pardi di Domani
Davide Macchi e Francesco Poloni presentano "Tusen Toner", cortometraggio in concorso nella sezione Pardi di Domani del Festival di Locarno

A Locarno, tra le luci e il fermento del Festival, c’è anche un po’ di Varese. Davide Macchi, 23 anni, firma il montaggio e gli effetti visivi di Tusen Toner, il cortometraggio diretto da Francesco Poloni, autore e sceneggiatore.
Un lavoro di dieci mesi che approda nella prestigiosa sezione Pardi di Domani – Concorso nazionale, dedicata ai progetti accademici della CISA di Locarno. Seduti in un angolo del PalaExpo Fevi, pochi giorni prima della première, raccontano come una collaborazione nata tra i banchi di scuola si sia trasformata in un’opera pronta a girare i festival.
Come siete arrivati fin qui, in uno dei palchi più importanti del cinema?
«Siamo partiti da percorsi diversi. C’è chi ha scelto il cinema subito dopo il liceo e chi ci è arrivato passando per altre strade, dalla psicologia all’architettura. Al CISA abbiamo sperimentato un po’ di tutto, ma un progetto comune ci ha fatto scoprire il documentario e la voglia di raccontare storie vere».
Da dove nasce la storia di Tusen Toner?
«L’idea è nata dopo aver visto un reportage sulla distruzione della foresta indonesiana per l’estrazione di terre rare. Abbiamo cercato un contesto europeo e ci siamo imbattuti in Kiruna, nel nord della Svezia: una città mineraria che si sta spostando a causa dei cedimenti del terreno. Lì abbiamo incontrato quattro giovani rapper, costretti a dire addio al loro studio di registrazione, demolito per motivi di sicurezza. Un microcosmo che racconta, a modo suo, le contraddizioni della transizione ecologica.»
Come avete trasformato un tema così complesso in un film?
«Partendo dalle persone. Sui social abbiamo trovato un’associazione musicale e il gruppo di ragazzi che ci ha aperto le porte. Abbiamo chiesto loro di essere se stessi, senza recitare. Il protagonista, senza alcuna esperienza, davanti alla camera è stato sorprendentemente naturale.»
Le riprese in inverno artico non devono essere state facili…
«Abbiamo girato dal 6 al 19 marzo, con le condizioni tipiche del Circolo polare. Non eravamo tutti sul posto: parte del lavoro è stata seguita a distanza, ricevendo ogni sera il girato, traducendo dallo svedese e facendo le prime scelte di montaggio. È stato un lavoro di fiducia reciproca e di aggiustamenti continui».
Il montaggio è un momento chiave, come lo avete realizzato?
«È lì che il film prende davvero forma. Per questo è importante che il montatore conosca la storia fin dall’inizio: così il dialogo con il regista è costante e mirato. In questo progetto, quel legame ha fatto la differenza».
Cosa vi portate a casa da questa esperienza?
«Il documentario ti mette in contatto con persone e storie che ti restano dentro. Ti insegna che dietro ogni tema complesso ci sono volti, sogni e vite quotidiane».
Arrivati a Locarno, che sensazioni avete?
«Emozione e orgoglio. È il primo festival per questo film e farlo qui, a casa, è speciale. Speriamo che Tusen Toner porti una riflessione sul tema delle terre rare: sono centrali per il nostro futuro, ma se ne parla troppo poco. Locarno è un trampolino: ci piacerebbe portarlo anche in altri festival, magari proprio in Svezia».
Quando si potrà vedere?
«Tre proiezioni: l’11 agosto alle 14.30 alla Sala del Festival del Cinema di Locarno (zona PalaExpo Fevi), il 12 agosto alle 17.30 al Palavideo del Palazzo dei Congressi di Muralto, e il 13 agosto alle 9 all’Altra Sala del Festival del Cinema di Locarno (zona PalaExpo Fevi)».
Per Davide e Francesco, Locarno è un traguardo importante, ma anche un punto di partenza. Due giovani che, partiti da Varese e Bellinzona, hanno saputo trasformare studio, passione e amicizia in un’opera capace di parlare al pubblico internazionale. Non si tratta solo di una soddisfazione artistica e professionale: è la prova che anche da una piccola città di provincia possono nascere storie pronte a viaggiare lontano, portando con sé un pezzo di casa.
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