Sicurezza e maniere forti
La vita di un Paese a volte può essere letta attraverso alcuni fenomeni sociali. Droga, terrorismo e immigrazione hanno caratterizzato in modo forte gli ultimi trent’anni italiani. Luigi Cancrini, in un bel saggio, racconta di come fino al 1973 non fosse stato segnalato nessun eroinomane in Italia. Negli anni a seguire poi successe di tutto. Uno sfacelo per interi territori e almeno due decenni di generazioni di giovani massacrate dall’eroina. Strano paese il nostro, perché dapprima si lasciò proliferare l’uso di alcune sostanze stupefacenti, come le anfetamine, addirittura pubblicizzate alla televisione. Poi si lasciò il territorio nelle mani della criminalità che ebbe gioco facile nell’assoldare un esercito di tossicodipendenti come spacciatori “al minuto”. Si fecero errori in ogni campo, basti pensare che si pensava di risolvere tutto con la semplice somministrazione del metadone al posto dell’eroina, e solo vent’anni dopo si decise che era l’ora di usare le maniere forti. Risultato: centinaia di ragazzi morti, una repressione di facciata e un fenomeno che si è trasformato solo per ragioni di mercato lasciando intatta una cultura piena di contraddizioni.
L’esperienza terribile degli anni di piombo, con le dovute cautele, non è andata tanto diversamente. Solo grazie alla fermezza e all’isolamento politico dei terroristi l’azione repressiva ha raggiunto i risultati che hanno permesso di mettere la parola fine a quella stagione.
Fenomeni, che nella loro diversità, hanno dei fili conduttori molto simili anche all’ultimo elemento dirompente: l’immigrazione.
Tutti, malgrado la drammaticità dei casi, vengono per lo più trattati non per quello che effettivamente rappresentano, ma per le loro implicazioni emotive. Si alimenta a dismisura la paura per avere poi le giustificazioni ad agire. Basti pensare che ci sono situazioni che numericamente rappresentano un problema ben più grave e drammatico eppure non si lancia alcun programma o progetto per risolverli seriamente e con urgenza. Due su tutti riguardano le morti sulle strade e quelle sul lavoro.
La storia dovrebbe insegnare che i problemi non si risolvono mai affrontandoli solo con uno strumento o pensando egoisticamente al piccolo orticello di casa propria. Sono la cultura, la consapevolezza, la visione d’insieme, il senso di comunità gli ingredienti fondamentali. L’ordine pubblico ne è una parte, ma non può assolvere a tutto.
Questo è un periodo di profonde trasformazioni economiche e sociali e certamente si pagherà un prezzo alto nel passare alcuni guadi, ma il modo di affrontare le questioni che emergono in questi giorni suscitano ben più di un interrogativo. Non ci sono alibi per non affrontare seriamente i problemi, ma la questione dell’immigrazione non può essere associata sempre a quella della sicurezza. Il nuovo Governo ha fatto di quest’ultima uno dei punti forti del programma elettorale. Maroni lo sta ripetendo in tutte le salse possibili e le forze dell’ordine sono ormai allertate. C’è da star sicuri che molti campi nomadi verranno sgombrati, molti immigrati clandestini cacciati, molti spediti nelle carceri. Le operazioni di polizia si sprecheranno e grande fiato verrà dato da tanti mezzi dell’informazione a conferma della nuova era. Il Governo, nel rispetto della legislazione, ha pieno diritto di scegliere una linea più dura. Questo però non deve mai consentire di superare alcuni limiti. C’è così da raccontare che noi siamo accoglienti. Se provassimo a leggere con gli occhi di alcuni cittadini stranieri che vivono legalmente in Italia le informazioni che passano in questo periodo non staremmo certamente sereni. Si fanno equazioni inquietanti, si raccontano fandonie, si ingigantiscono fatti e questo sta alimentando un clima di paura, di xenofobia pericolosa.
È giusto preoccuparsi della sicurezza dei cittadini, ma questa non passa dalla strada del semplice inasprimento dei controlli che pure ci vogliono. Troppo spesso si sono viste operazioni di sola facciata. Quando si sgombra un campo nomadi abusivo e si dice che lo si fa per ragioni anche umanitarie c’è da crederci solo se prima di farlo si sono predisposte tutte le misure del caso.
Se ognuno dei soggetti sociali farà la propria parte vedremo crescere tutta la comunità. Potremo conoscere meglio le altre culture e non lasceremo sole le forze dell’ordine a presidiare il territorio. Non si tratta di far finta che le cose non siano cambiate, non si tratta di chiudere gli occhi di fronte a situazioni pericolose, né di alimentare polemiche inutili o peggio ancora discussioni accademiche e filosofiche per non cambiar nulla. Certo però che non si tratta nemmeno di credere che siano i modi sbrigativi, bruschi e qualche manganellata in più la soluzione alla povertà, alla disperazione in alcuni casi di immigrazione clandestina. Peggio ancora, in quel modo, non si avrà alcun reale risultato contro le organizzazioni malavitose.
Vedremo se a fianco alle scelte di ordine pubblico ci sarà davvero un cambio di marcia. Non vorremmo, tra qualche mese, svegliarci in un paese che non ha risolto nessuno dei veri problemi, nostri e altrui, e nel frattempo è però anche meno libero.
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