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Giusta l’integrazione con il mondo del lavoro, ma con regole nuove

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27 Ottobre 2014

Nell’obiettivo di arrivare a modernizzare il nostro sistema scolastico il documento “La Buona Scuola” va sicuramente nella giusta direzione. Ha ragione il Governo quando sostiene che solo intervenendo sull’istruzione si può arrivare a un miglioramento strutturale del sistema produttivo e della sua competitività, così come della società civile, nel lungo termine.

Per quanto riguarda invece i temi di più stretta attinenza con le imprese, possiamo dire che condividiamo la meta che si prefigge il documento di ampliare la platea dei ragazzi coinvolti in esperienze di studio in azienda. È giusto immaginare un’alternanza scuola/lavoro estesa il più possibile a tutti gli studenti. Detto questo, però, non possiamo condividere, per ragioni anche meramente pratiche e di fattibilità, l’obbligatorietà di questi percorsi formativi all’interno delle imprese, senza una selezione e una valutazione di merito degli studenti. 

Bisogna lavorare non sulla quantità, ma sulla qualità delle esperienze dei ragazzi ancora studenti nelle nostre imprese. Pensando solo alla provincia di Varese, quale livello di esperienza potremmo garantire a decine di migliaia di studenti delle classi di terza, quarta e quinta superiore chiamati, come negli intenti del documento, obbligatoriamente a 200 ore di formazione in azienda? È un problema da porsi subito, prima di fare il passo più lungo della gamba. Piuttosto lavoriamo su progetti di qualità, come quello che stiamo portando avanti come Unione Industriali con Generazione d’Industria che negli ultimi tre anni ha permesso di realizzare esperienze di valore per i ragazzi, anche coinvolgendo attivamente gli stessi docenti in un nuovo modo di fare scuola. Noi una “buona scuola” la stiamo già praticando con un aggiornamento degli insegnanti direttamente nelle aziende, perché nelle nostre imprese non ci devono entrare solo i ragazzi, ma gli stessi docenti. 

Siamo quindi d’accordo su un altro punto qualificante del documento dell’Esecutivo: quello di lavorare per un corpo docente di qualità, preparato e motivato.

Inoltre si può fare formazione con le aziende in diversi modi, non solo con la presenza dei ragazzi al loro interno. Penso per esempio ai progetti di didattica laboratoriale, alle iniziative di simulazione d’impresa, alle lezioni fatte nei laboratori scolastici da personale aziendale. Tutti punti su cui Varese potrebbe giocare la carta di un’Università nata dalle imprese come la LIUC.

Infine, il documento prevede tutta una serie di incentivi (anche fiscali) per permettere alle imprese di investire sulle scuole o sui progetti di alternanza scuola/lavoro. Tutto bene, anche qui. Ma il vero problema non sono gli incentivi, ma le regole. Oggi per stilare una convenzione di stage ci vuole anche una settimana. Meglio, dunque, prima lavorare su un sistema di regole più chiare e più snelle. 

Le imprese chiedono su questo fronte non tanto degli sgravi, quanto piuttosto e, prima di tutto, meno burocrazia. 

Giovanni Brugnoli
Unione degli Industriali della Provincia di Varese

Giovanni Brugnoli Unione degli Industriali della Provincia di Varese

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