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Il vero volto del Governo Renzi

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Il vero volto del Governo Renzi
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7 Gennaio 2016

Ho assistito attraverso un TG alla passerella del premier Renzi alla Borsa valori di Milano, in occasione della quotazione del marchio Ferrari. Per carità, è una scelta che comprendo anche, visto che Marchionne è sempre stato un suo “sponsor” dichiarato. Però invece quello che ha attirato subito la mia attenzione, è stata un’affermazione netta e decisa del premier, il quale ha dichiarato bellamente che “la globalizzazione è l’alleato più grande dell’Italia, perché se scendiamo in pista e cominciamo a correre siamo i più bravi….”, e conseguentemente “abbiamo pensato (sbagliando) per anni che era meglio rimanere chiusi su noi stessi, aver paura dei mercati e del mondo che c’è fuori…”.
E non è la prima volta che il premier si esprime in tal senso, visto che pochi mesi orsono, durante un viaggio nella amica ed alleata Turchia “democratica”, si rivolse ai non pochi imprenditori italiani che hanno avviato un’attività in quel paese (quasi sicuramente chiudendo però quella originaria che avevano qua da noi…) dicendo che “loro erano la dimostrazione di come la globalizzazione fosse un’opportunità”.
Peccato che, per ironia della sorte, il medesimo TG, dopo il predetto servizio sul premier alla Borsa di Milano, ci regalava le tristi immagini dei lavoratori della Saeco, intenti a trascorrere le festività in fabbrica per difendere il loro posto di lavoro, cioè praticamente la loro vita, minacciati dalla volontà della controllante Philips di spostare in Romania la maggior parte della produzione, cancellando così circa 250 impieghi sui 300 attivi nello stabilimento del bolognese.
Fermo restando quindi che già un Governo che pretende di fare riforme di ogni tipo, di intervenire sulla Costituzione e quant’altro, pur essendo non solo non eletto direttamente dai cittadini, sulla base di un programma preventivamente portato a conoscenza, ma sostanzialmente sostenuto da una maggioranza nella quale è determinante l’apporto di parecchi cambia bandiera trasformisti, che perfino Depretis ne rimarrebbe allibito, lascia adito a non pochi dubbi (in tal senso tanto di cappello invece al premier greco Tsipras, le cui idee si possono condividere o meno, ma a cui va dato almeno merito di essere stato eletto democraticamente ben due volte, e nel mezzo di aver chiamato a referendum su questioni chiave il popolo greco intero), anche se obiettivamente alcuni provvedimenti in materia di economia e lavoro sono anche condivisibili (defiscalizzazione nuove assunzioni, super ammortamento beni materiali strumentali per le imprese, ecc.), appare ormai chiara la discutibile volontà del medesimo Governo di curare la malattia (cioè la gravissima crisi economico finanziaria che ci attanaglia ormai dal 2008), con gli stessi agenti patogeni che l’hanno generata (cioè la cosiddetta “globalizzazione” ultra liberista made in USA, di cui l’attuale carrozzone europeo, poco trasparente, poco legittimato dal voto democratico e dominato dal “lobbismo”, è solamente un mero strumento esecutivo).
Infatti il disastro di questa “globalizzazione” nasce da due fattori principali che la contraddistinguono. Il primo è una sostanziale deregulation interna ai singoli paesi, partendo dal commercio al dettaglio per finire alle grandi banche e finanziarie, il tutto accompagnato da un’ossessione maniacale per il “privato”. Ciò che ha aperto le porte non solo ad una sostanziale progressiva anarchia, nonché alla speculazione, ma anche a privatizzazioni, o tentativi, di monopoli per così dire naturali, quali autostrade e acqua (visto che essendo appunto monopoli naturali comunque non è possibile creare un regime di concorrenza sana, non si capisce la necessità di procedere in tal senso). Il secondo fattore, quello più devastante, è il progressivo ed indiscriminato abbattimento delle frontiere economiche con paesi caratterizzati da standard socio-economici molto distanti dai nostri. Ciò che ha sostanzialmente portato alla nascita di grandi “autostrade” a due direzioni: la prima per le delocalizzazioni selvagge di attività produttive verso i menzionati paesi, nei quali i diritti dei lavoratori, il rispetto dell’ambiente, della sicurezza dei luoghi di lavoro e della produzione, sostanzialmente non esistono; la seconda per importare sempre dai medesimi prodotti spazzatura, anche pericolosi (proprio in questi giorni ci è toccato assistere anche al sequestro di statuine del presepe tossiche, ovviamente made in China).
Pertanto o si comincia a dire chiaramente che, pur nel rispetto della proprietà privata, della libera iniziativa economica e di una sana e leale concorrenza, delle regole, poche, chiare ed efficaci, sono essenziali, ed il compito di stabilirle e farle rispettare, come arbitro, spetta agli stati; o si torna ad affermare che l’”aiuto di stato”, se uno stato può permetterselo, può essere un fattore positivo, specie per incentivare settori economici nascenti promettenti e/o per rendere più soft la chiusura di realtà per cosi dire “decotte” ; o soprattutto si cominciano a mettere dei paletti netti nei rapporti commerciali/economici con certi paesi , cioè la garanzia appunto del rispetto di un minimo di diritti dei lavoratori, di un minimo di norme per il rispetto dell’ambiente (altrimenti tra l’altro continueranno ad essere inutili e puramente scenografici i vari “accordi sul clima”, tipo il recente di Parigi), di un margine serio di sicurezza ed igiene della produzione e dei luoghi di lavoro, altrimenti le uniche realtà economiche che cresceranno in Italia, fermo restando il rischio latente di un “crack generale definitivo”, saranno gli scempi sul modello del cosiddetto “distretto cinese di Prato”, riguardo al quale tra l’altro mi piacerebbe sapere se qualche cosa è cambiato, dopo la tragica e vergognosa morte di alcuni lavoratori/schiavi reclusi in quelle fabbriche lager.
Ringraziando anticipatamente per l’attenzione, si coglie l’occasione per porgere i migliori saluti,
Giuliano Guerrieri

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