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La mediocrità della politica

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10 Settembre 2015

Egregio Direttore
Il dibattito pubblico sull’immigrazione, come tutti possono constatare, attualmente si limita esclusivamente sulla gestione dell’emergenza contrapponendo due fronti politici, da una parte i così detti buonisti dell’accoglienza senza se e senza ma che fanno capo ai partiti di governo, alla Chiesa Cattolica e da un retroterra di forti interessi economici, dall’altro i partiti di destra, la Lega che contestano i lunghi tempi di identificazione, la disorganizzazione e l’improvvisazione con cui il governo e le istituzioni gestiscono il problema.
A mio parere invece si sottovaluta e si parla poco di un tema fondamentale che è la fase post emergenziale e cioè le prospettive di lavoro e la relativa successiva integrazione per questa moltitudine di persone.
Analizziamo a supporto alcuni dati economici e sociali dell’Italia.
La disoccupazione nel nostro Paese è stazionaria al 12% con punte del 40% nelle fasce giovanili del Sud Italia che costringe molti giovani a loro volta ad emigrare nell’U.E.
Altro indicatore economico preoccupante è la soglia di povertà che individua in ben 7 milioni di famiglie italiane questa condizione.
La riduzione di fondi pubblici erogati dallo Stato agli enti locali che si ripercuotono anche al sostegno delle povertà e del disagio sociale per motivi legati al contenimento dell’enorme debito pubblico farà che queste scarse risorse dovranno essere condivise anche nel sostegno delle famiglie di immigrate a discapito di quelle italiane.
Questo è dovuto sopratutto al fatto che le uniche aree di mercato in cui vi sono ancora opportunità di lavoro si trovano nei settori ad alta specializzazione cosa che esclude questi immigrati la cui preparazione scolastica e lavorativa è limitata se non del tutto assente.
Tutto ciò implicherà, con molta probabilità, che una parte di queste persone andranno ad alimentare il lavoro nero, lo sfruttamento a basso costo, con una forte ripercussione al ribasso dei diritti previdenziali e sindacali dei lavoratori italiani ma con sommo gaudio di una certa imprenditoria senza scrupoli.
Stranamente le nuove norme sul lavoro e sulla previdenza vanno in questa direzione in nome della competitività e della tanto sbandierata globalizzazione.
La rimanente parte andrà ad alimentare la microcriminalità quale lo spaccio di stupefacenti, i reati contro il patrimonio e la persona ed in minima parte ad alimentare forme estreme di fanatismo religioso.
Aggiungiamo poi che viviamo in un Paese in cui la macchina della giustizia è totalmente inefficiente ed inefficace grazie a norme che alimentano l’impunità a beneficio di chi delinqua.
Un’altra condizione per l’integrazione, oltre al lavoro, è quella di assimilare gli usi e i costumi del Paese ospitante, ma se consideriamo che la quasi totalità di immigrati è di religione mussulmana è molto probabile, dato il loro considerevole numero, che si formeranno interi quartieri e ghetti in cui manterranno le loro tradizioni ed i loro costumi sociali come è avvenuto sia in Francia che in Gran Bretagna anche in anni precedenti e più prosperi rispetto agli attuali.
In sostanza ho grossi dubbi che sia indolore e di breve tempo questa fase di integrazione e che alla fine sarà lo Stato a mantenere per decenni in termini economici e sociali queste famiglie, scaricando il costo su una minore qualità della sanità pubblica, sul problema abitativo e sulla percezione di scarsa sicurezza degli italiani e le cui conseguenze ricadranno oltre che alle classi meno abbienti anche alla classe media destinata ad impoverirsi sempre più tutti surclassati da questi nuovi poveri avvantaggiati da una maggiore natalità familiare.
La superficialità e la demagogia con cui si affrontano questi problemi e la monotona uniformità delle argomentazioni degli esponenti politici secondo da che parte stanno, dimostra la mediocrità di chi ci rappresenta, una classe politica esclusivamente utilizzata ad eseguire , come bravi soldatini ubbidienti i mantra che vengono dall’alto senza riflettere in prospettiva sul futuro che potrebbe aspettare al Paese.
Aurelio

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