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La vergogna della memoria

Auschwitz apertura
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27 Gennaio 2019

Lettera aperta al Sindaco di Varese e alla chiesa cattolica varesina

Si celebra in questi giorni “Il giorno della memoria”, l’Olocausto, quei tragici fatti della Shoah con lo sterminio di sei milioni di ebrei. La memoria non è solo una rievocazione storica carica di retorica dei fatti del passato. Si fa memoria per evitare che le tragedie del passato possano ritornare nella nostra società. Oggi viviamo purtroppo un momento storico preoccupante in cui si è perso la memoria con il rischio del ritorno di fenomeni razzisti e xenofobi che speravamo essere debellati per sempre.

Lo scorso anno abbiamo celebrato l’80° anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia, avvenuta con il silenzio da parte del mondo intellettuale dell’epoca e soprattutto con il silenzio-assenso del Vaticano e della Chiesa Cattolica di quel tempo.

Anche le vie hanno il compito di fare memoria. Nella toponomastica si ricordano personaggi, luoghi e fatti  per essere da esempio per la future generazioni. Le strade della città di Varese pullulano di nomi nobili di garibaldini, di missionari, di eroi della Repubblica Romana del 1848 e poi dei nostri partigiani che hanno fatto grande la Resistenza e che con il loro sangue hanno scritto i valori fondanti della nostra Costituzione, oggi diventata baluardo, nella difesa dei più deboli, compresi i migranti che tentano di arrivare in Europa. Una Europa che anch’essa ha perso la memoria tradendo la sua storia, costruendo muri e fili spinati, dopo essere nata con la caduta del muro di Berlino.

Anche a Varese ci sono vie dimenticate che suonano come una vergogna della memoria. Una di queste vie si trova a cavallo tra due strade importanti, nei pressi di tante scuole, la via 25 Aprile che ci ricorda la liberazione dal nazifascismo e la via Monte Rosa, quella montagna riportata nel titolo del libro di Cino Moscatelli, uno dei più importanti comandanti partigiani “Il Monte Rosa è sceso a Milano”. E’ una via dedicata ad un oscuro personaggio dell’epoca fascista tale Padre Giuliani Reginaldo, cappellano militare nella 1° Guerra Mondiale insignito di ben tre medaglie al valore militare per il spiccato valore guerriero, diventato poi cappellano delle camicie nere fasciste e successivamente volontario nella guerra contro l’Etiopia, dove spronava i militari a combattere e ad uccidere le persone di colore, nel nome del Duce, insignito per questo dal fascismo della medaglia d’oro, dopo la sua morte da parte dei soldati etiopi.

Raccontano i libri di storia che “Il regime fascista provvide presto ad includere padre Giuliani nella sua propaganda, non tanto come martire cristiano, quanto come “perfetto milite fascista, obbediente, spartano, fideisticamente convinto della bontà e del successo della causa nazionale”, con le motivazioni romanzate per il conferimento della medaglia d’oro, volta a fascistizzare la morte del frate. Padre Giuliani entrò così di diritto nel pantheon dei caduti della rivoluzione fascista ottenendo immediata notorietà su scala nazionale, e la dedica a suo nome di innumerevoli strade, piazze, scuole, lapidi e biografie.” Coloro che vissero in quel tempo, rammentano con quale ardore e odio razziale incitava ad uccidere. Poi negli anni 70’ i domenicani tentarono una sorta di riabilitazione, cercando di farlo passare come martire della fede, ma senza nessun successo.

Speriamo che tutti gli studenti che passano in quella strada non lo prendano da esempio. Sarebbe un disastro. Ma possiamo stare tranquilli: la dipendenza da quell’oggetto di distrazione di massa che sono gli smartphone impedisce per fortuna o sfortuna nostra ad alzare gli occhi su quei maledetti cartelli. Spetta oggi a tutti i democratici e agli antifascisti togliere da Varese questa vergogna. E spetta soprattutto alla chiesa cattolica varesina farsi promotrice di questa iniziativa di verità storica, chiedendo perdono per i peccati commessi nella sua storia, intitolando questa via ad una grande profeta della chiesa cattolica italiana e che risponde al nome di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana. In caso contrario questa chiesa che predica il perdono, sarebbe la prima a non essere capace di chiedere perdono di tutti gli errori commessi nei suoi primi 2000 anni di storia, vivendo perennemente in peccato mortale. Anche per evitare inutili, quanto dannose guerre di religioni.

Emilio Vanoni Induno Olona 27 gennaio 2019      

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