Lettera sulla shoah

26 Gennaio 2017
Scrivo queste parole non come esponente politico, perché qui la politica in senso stretto c’entra ben poco, ma come giovane, come uomo, perché appunto a c’entrare, questa volta, è “semplicemente” l’umanità, quella che circa 80 anni fa è stata dimenticata e uccisa nelle camere a gas insieme ai milioni di morti che ricordiamo ogni 27 gennaio, come se alla Memoria bastasse solo un giorno per essere davvero tale.
Forse, negli anni, abbiamo dimenticato, consapevolmente o meno, che la Memoria non è una data da segnare sul calendario, non è un film da vedere o un libro da leggere per sentirsi la coscienza a posto, quasi a dire “il mio l’ho fatto” e magari intanto, sotto sotto, pensare che ogni anno è sempre la stessa storia, che questi ebrei sanno solo lamentarsi, ancora, di qualcosa accaduto decenni fa, no, non è questo e soprattutto non lo deve essere, perché se fosse solo questo non sarebbe Memoria, sarebbe automatismo, un ricordo asettico che non aggiunge nulla all’oggi, e invece chi non ha Memoria, chi non ricorda davvero, ha un presente mutilato, mancante, in parte vuoto.
Il ricordo della Shoah più che un automatismo dovrebbe essere un inciampo, un muro contro cui scontrarsi ogni tanto, facendosi anche male ma aprendo più spesso gli occhi, creando una maggior consapevolezza nel fatto che l’orrore di quegli anni, che lo sterminio di ebrei, omosessuali, dissidenti politici, sacerdoti.. fu possibile perché in tanti, in troppi, chiusero un occhio, forse anche due, in un’indifferenza che sconfinava nella connivenza, e di questo nessuno può sentirsi assolto e nessuno a questo può essere immune né mai lo potrà essere, questo, allora, è il vero senso della Memoria, lottare ogni giorno contro l’indifferenza che tante volte ci attanaglia, contro l’abitudine, contro la rassegnazione.
Dal 1995 Gunter Demnig, un artista tedesco, ha disseminato in giro per l’Europa, anche in Italia, 56mila “Pietre d’inciampo”, delle targhe in ottone, poste davanti alla casa in cui abitò una vittima del nazismo, sui cui sono incisi i dati della persona che fu deportata, è forse una delle iniziative che più colgono il senso del ricordo, un dettaglio quotidiano che richiama l’attenzione, anche solo per un’istante.
Ecco, inciampiamo più spesso nella Memoria, non solo un giorno all’anno, ricordiamo più spesso, sbattiamo più volte la faccia contro il muro dell’Olocausto, non cadiamo nell’apatia e nell’indifferenza, mai più.
E se può avere un dubbio sul fatto che nel 2017 l’antisemitismo possa ancora esistere lo invito a girare per una qualsiasi grande città con una kippah in testa, il dubbio scomparirà e il senso della Memoria sarà ancora più chiaro, provare per credere..
Giacomo Tamborini
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.