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L’inevitabile riacutizzarsi della crisi nel Nagorno Karabakh….

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L\'inevitabile riacutizzarsi della crisi nel Nagorno karabakh....
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11 Aprile 2016

Egregio Direttore,

A complicare ulteriormente un quadro internazionale già profondamente e pericolosamente degradato dal susseguirsi di continue crisi, derivanti da contrasti geopolitici ed economici, alimentati da secolari rivalità etniche e religiose, nell’ampio spazio comprendente il cosiddetto grande Medio Oriente, l’Africa centro-settentrionale e ormai la stessa Europa, sembra negli ultimi giorni riesplodere anche la crisi latente tra Armenia ed Azerbaigian per il controllo della Regione del Nagorno karabakh.
Ricordiamo in principio che il predetto Nagorno Karabakh è un territorio da sempre armeno e cristiano, inserito da Stalin nel 1923 nella repubblica sovietica dell’Azerbaigian. Con la fine dell’URSS nel 1991, gli azeri, popolazione guarda caso turco-mongola, tentarono di cacciare definitivamente gli armeni da quell’enclave, insomma cercarono una pulizia etnica, ma la guerra gli andò male e non solo persero il controllo del territorio in questione, ma anche di altre zone limitrofe di confine con l’Armenia.
Tuttavia il regime della famiglia Aliyev, che dall’indipendenza governa l’Azerbaigian con metodi autoritari ed elezioni regolarmente truccate (secondo l’OCSE), sostanzialmente diretta prosecuzione dell’amministrazione sovietica, esattamente peraltro come il “cattivo” Lukashenko in Bielorussia, si è progressivamente negli anni allineato ai desiderata ed interessi geopolitici ed economici (vedi idrocarburi) degli americani e loro alleati. Era infatti girata anche la voce che tale paese avesse dato una disponibilità di massima per qualche forma di supporto logistico ad Israele, in caso quest’ultimo avesse optato per un attacco militare preventivo alle istallazioni nucleari iraniane (che poi sarebbe stata un’aggressione tout court). Probabilmente proprio per questo sono stati attribuiti a tale paese due riconoscimenti apparentemente per cosi dire simbolici, ma significativi, quali l’organizzazione di un ormai prossimo primo gran premio di F1 e, addirittura, la scelta di Baku come una delle sedi del campionato europeo di calcio “itinerante” del 2020 (ma non si insegnava che l’Europa finiva forse alle catene degli Urali e del Caucaso?).
Essendo invece l’Armenia rimasta sotto l’ombrello protettivo della Russia, alla luce anche delle dichiarazione rilasciate dall’onnipresente dittatore islamista di Ankara Erdogan, forse “deluso” dalla riconquista siriana di Palmira, e da sempre tra l’altro ostentatamente e vergognosamente negatore del genocidio di 1,5 milioni di armeni, perpetrato dai turchi durante la Prima Guerra Mondiale, sull’inevitabile “ritorno sotto controllo azero del Nagorno Karabakh”, non mi sembra molto difficile comprendere cosa c’è dietro la ripresa del conflitto nella regione.
Quello che però infine sarà da valutare e se l’Occidente, cioè USA, NATO, UE, con la compagnia silente di Israele, che già non ha fatto molto per arrivare ad un doveroso riconoscimento del primo genocidio del secolo scorso, avrà la sfrontatezza di spingersi a tollerare e giustificare una nuova aggressione aperta turcofona all’Armenia cristiana, in funzione anti Russia, ciò che costituirebbe poi di fatto l’ennesima aggressione islamica sunnita radicale nella regione contro gli “altri”, giocandosi cosi l’ormai già scarsa credibilità rimastagli in materia di tutela e diffusione dei diritti umani, civili e politici, cioè di paladino della democrazia e libertà.

Cordiali saluti,
Giuliano Guerrieri

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