Ma che diavolo significa triage?
3 Marzo 2010
Ecco il racconto di un lettore che in preda al mal di denti si trova a dover combattere anche con un dilemma linguistico nel cuore della notte. Segue la lettera ed una breve risposta.
* * *
Cari colleghi e caro direttore,
mi permetto di inserirmi nel dibattito aperto sul vostro quotidiano in tema di funzionalità del Pronto Soccorso di Varese.
Qualche settimana fa, un ascesso improvviso, cruento e notturno, mi ha costretto a scegliere: o mi buttavo dal balcone per il dolore (ma abito al piano rialzato) o mi infilavo i jeans per volare al Pronto Soccorso di Varese. Ho scelto il Pronto Soccorso dove, tutto sommato, l’assistenza e soprattutto il risultato si sono rivelati ottimali.
Alla luce del dibattito sulla funzionalità di questo Pronto Soccorso, che in queti giorni infiamma le vostre pagine, mi sento però in dovere di rispolverare e sottoporvi alcuni accadimenti di quella notte, che potrebbero apparire marginali ma che, a mio avviso, fanno la differenza. Eccome.
Anzitutto, il parcheggio si presenta come un’ipotesi. No, non parlo della difficoltà di parcheggiare nelle vicinanze. Nel mio caso erano le quattro di notte e c’era il deserto. Mi riferisco alla oggettiva impossibilità di interpretare la segnaletica. I cartelli verticali parlano di un fantomatico contrassegno, la segnaletica orizzontale è contraddittoria con le sue strisce un po’ gialle e un po’ blu, all’interno si trova un cartello secondo il quale "il contrassegno non esiste!". Mi è toccato chiedere informazioni un po’ qua e un po’ là, ma fra barellieri, impiegati, asa, osa, isa ed esa, ognuno mi ha fornito un’interpretazione diversa, un po’ annoiata ed in qualche caso divertita, quando ho fatto notare che, dove secondo qualcuno le linee erano gialle, in realtà ne ho trovate di blu e viceversa. Mi piacerebbe che il Comandante dei Vigili, l’Assessore competente e la zia del direttore generale dell’Ospedale potessero fare un sopralluogo, tutti insieme, magari anche di giorno e senza emergenze, per fornire alla cittadinanza intera una interpretazione autentica della segnaletica in questione.
Appena entrato nella struttura, non mi è stato difficile capire che dovevo rivolgermi al bancone. Ho capito anche che il mio interlocutore privilegiato poteva essere un ragazzotto un po’ assonnato e col grembiule colorato che stava proprio lì dietro. Ma ho dovuto spiegarglielo io, perché sembrava che la mia presenza non lo interessasse più di tanto. Avevo il volto tumefatto e parlavo a fatica, ma sono riuscito a spiegare: "Ho un dolorosissimo ascesso a un dente…". Lui, un po’ perplesso, dopo un attimo di pausa, mi ha fatto presente: " Qui non abbiamo un dentista !". Qualche anno fa, gli avrei prontamente ribattuto: "Spero per lei sia presente un traumatologo… perché fra cinque secondi se non mi chiama un dottore, si troverà la testa spaccata…". Ho imparato ad essere paziente e diplomatico anche di fronte agli imbecilli (non parlo necessariamente del ragazzotto in questione, ma degli imbecilli in generale), ed ho supplicato: "Magari, se un medico mi visitasse, potrebbe anche somministrarmi qualche antidolorifico: sono le quattro di notte, nessuna farmacia di turno mi darebbe qualcosa senza ricetta!". Il ragazzotto ha alzato le spalle, ha citofonato al medico e per fortuna la dottoressa in servizio, che si è quasi spaventata a vedermi in faccia, mi ha sparato una flebo miracolosa. Il problema del ragazzotto col grambiule, temo però non sia casuale: qualche corso di aggiornamento? Una migliore selezione del personale parasanitario?
Chiudo il racconto di una notte di mezzo inverno al pronto soccorso, con un’ultima domanda: cosa diavolo significa triage? Ho una laurea e un master in materie umanistiche, la lingua italiana è il principale strumento della mia professione, ho chiesto a pazienti, infermieri e medici: nessuno aveva un’idea precisa del significato della parola, siamo andati tutti per deduzione. Censuro la mia considerazione personale, per evitare una querela a me ed a Varesenews. Ma vorrei togliermi una soddisfazione: è possibile conoscere il nome del personaggio che ha deciso che proprio lì, sopra il bancone dell’accoglienza del Pronto Soccorso di Varese, andava appiccicato un cartello con la parola "triage"? Poi, decideranno i varesini se si tratta di un genio.
Roberto Marabini – Varese
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Caro Roberto, lei ha ragione da vendere sulla faccenda del triage. Ma scommetto che non è andata proprio come la racconta, cioè che i medici non sapessero nulla di questa parola. Essa è un termine tecnico che deriva dall’omonimo verbo francese traducibile nel tremendo "cernita" italiano; tremendo perché si applica ai pazienti che arrivano all’ospedale. Sulle persone, insomma, che il personale del pronto soccorso – nel suo caso un infermiere – è chiamato a valutare a seconda della gravità, assegnando dei codici colorati, dal bianco al rosso: bianco, puoi farti curare tranquillamente dal tue medico condotto, rosso: sei in pericolo di vita.
E qui, negli ultimi anni, un punto d’onore va assegnato all’ospedale, poichè se non vado errando, la spiegazione al pubblico dei "codici colore" (così si chiamano) è addirittura riportata in arabo e in cinese, oltre che in inglese e nelle altre lingue "occidentali".
Certo, tornando al nostro triage, è vero: forse un bel cartello con scritto "accettazione" sarebbe meglio. Triage lasciamoglielo usare a medici e infermieri.
(ac. andrea.camurani@varesenews.it)
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