L’assessore Borsani: “Vestite anche i morti di Aids”

Una circolare della Regione invita gli ospedali e le Asl a non applicare con troppa rigidità il regolamento

"Vogliamo assicurare il massimo rispetto delle persone decedute – afferma l’assessore Borsani – ed eliminare tutti i vincoli che i sanitari non ritengono di comprovata necessità ed efficacia per la tutela della salute. I morti di Aids possono essere rivestiti prima di essere sepolti". L’assessore regionale alla sanità Carlo Borsani prende posizione sui problemi insorti per i casi di sepoltura di persone decedute per Aids, che sono state tumulate senza abiti. 
L’ultimo risale solo a due settimane fa ed è accaduto all’ospedale Sant’Anna di Como: una ragazza di 35 anni, L.M. malata di Aids, dopo il decesso sarebbe rimasta nuda nella bara, avvolta solo in un sacco biodegradabile, per tre giorni. Nessuno degli addetti dell’ospedale voleva rivestirla e ai parenti era stato di fatto vietato avvicinarla, come prevede il regolamento nel caso in cui la morte avvenga in un reparto di malattie infettive. 
(sopra l’assessore: Carlo Borsani)

A denunciare il fatto era stata un’amica della ragazza deceduta la quale, durante i funerali, era salita sul pulpito e aveva raccontato pubblicamente l’accaduto. 
Con una circolare inviata in questi giorni, ai sindaci, ai direttori delle Asl e e degli ospedali pubblici e privati, la direzione generale dell’assessorato chiarisce ora i termini della questione. I responsabili della sanità lombarda infatti raccomandano, per la sepoltura di persone decedute in seguito a malattie infettive, di assumere misure cautelari dettate dai Servizi dei Dipartimenti di prevenzione, senza fare riferimento a una interpretazioni troppo formale della normativa nazionale. 
”Il problema nasce da un’interpretazione in senso restrittivo delle norme contenute in un Decreto del 90” – spiegano i responsabili del Servizio di prevenzione sanitaria dell’assessorato regionale alla Sanità. Non tutte le malattie infettive, secondo la nota, necessitano di misure cautelari tali da impedire la vestizione della persona deceduta o esigere la sua disinfezione. Già nel ’93, sottolinea la nota dell’assessorato, l’interpretazione ministeriale del decreto consentiva la vestizione delle persone decedute per una malattia infettiva, pur utilizzando particolari cautele. In particolare, sostengono nella nota i responsabili del servizio di prevenzione sanitaria dell’assessorato, non si ritiene che per gli aspetti di igiene e prevenzione, siano necessarie misure eccessivamente restrittive per le malattie che sono trasmissibili solo per via ematica e sessuale, come per l’Aids o per altre quali tetano, meningite e botulismo. 
La Regione Lombardia ha già avanzato proposte per la modifica delle norme di polizia mortuaria, per legare le misure cautelari anche in questo campo ad un effettiva tutela dal rischio di trasmissione della malattia.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Luglio 2001
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