Il trapianto, quel gesto d’amore ancora poco conosciuto

All’università dell’Insubria medici e infermieri si sono confrontati sulle problematiche legate al trapianto. Un campo che la ricerca rivoluzionerà nel giro di qualche decennio ma che, per ora, vive ha bisogno di solidarietà

Tra venti o trent’anni anche questi dibattiti faranno parte dell’archeologia della medicina, ma oggi il trapianto è spesso l’unica alternativa alla morte e si deve fare di tutto per informare i cittadini sul valore della donazione. Questa mattina, presso l’aula magna dell’Università dell’’Insubria si è parlato dei trapianti oggi. Organizzato dall’azienda ospedaliera di Circolo, il convegno è stato l’occasione per fare il punto in una materia molto delicata:
"Tra qualche decennio – spiega Silvano Cominotti, responsabile provinciale della North Italian Transplant – la ricerca sarà arrivata a ricreare, attraverso le cellule staminali, il proprio rene o il fegato. Così non ci sarà più bisogno di donatori. Ma oggi siamo ancora in alto mare e c’è tanto, tantissimo da fare, sul piano della cultura della donazione".

Il prossimo anno, la Regione Lombardia avvierà una campagna informativa in grande stile: l’Italia ha effettivamente fatto passi da gigante negli ultimi anni, ma ancora tanto si deve fare per far passare il messaggio della "donazione".

L’andamento delle donazioni è altalenante, dipende molto anche dalle patologie e dalle condizioni fisiche del potenziale donatore. Certo è che le liste d’attesa sono ancora lunghe ( 9 mila persone, in calo rispetto ai 10.000 di due anni fa).

Varese da anni, ormai, è nel gotha del trapianto di rene grazie all’attività dell’equipe del professor Bono, oggi andato in pensione e sostituito dal professor Donato Donati: "Al Circolo si effettuano solo trapianti da cadavere – spiega il responsabile dell’area trapianti – ma dopo 8 anni avremmo le competenze e le qualifiche per ampliare la casistica. Il fatto è che manca qualche risorsa, così alcuni nostri pazienti dializzati ( 4 o 5 ogni anno) sono costretti a migrare a Milano per poter effettuare un trapianto tra consanguinei o parenti".

Il reparto di urologia di Varese conta pazienti che arrivano da tutt’Italia: "Dal territorio arriva solo un quarto degli utenti. Il 50% arriva da altre province lombarde, mentre il restante 25% giunge dal Sud. Potendo ampliare la casistica di trapianti, aumenteremmo sicuramente anche i casi".

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Novembre 2004
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