Lombardia e Puglia: qualcosa è successo

Lombardia e Puglia: qualcosa è successo. Dunque qualche cosa di nuovo e positivo può accadere anche nella politica di questo Paese di solito così avara di cose belle e pulite. Due casi molto diversi, ma che rappresentano entrambi un modo diverso di scegliere i candidi rispetto a quanto si era visto fino ad oggi. Se in Puglia si è arrivati, per la prima volta in assoluto, alla designazione del candidato attraverso il percorso delle Primarie, in Lombardia siamo arrivati, attraverso un percorso formalmente meno definito, alla individuazione di una squadra di candidati che hanno scelto di confrontarsi tra loro anziché scontrarsi. E di farlo coinvolgendo ampie quote di elettori (associazioni, movimenti, cittadini) e non solo le segreterie dei partiti che contano. Alla fine è emerso un candidato presidente: Sarfatti, affiancato da Agostinelli e Monguzzi. C’è da esserne contenti. Non so se gli elettori del centrosinistra che hanno scelto Vendola abbiano fatto una scelta che sarà apprezzata dalla maggioranza dell’elettorato pugliese. Potrebbe anche non essere così. Ma quello che è certo è che oggi il candidato del centrosinistra pugliese è un candidato più forte, che ha già dalla sua ottantamila cittadini convinti a fare campagna elettorale in suo favore. Quale partito può contare su 80mila attivisti? Nessuno. E per chi ha visto quale “deserto politico” prodotto dalla combinazione tra sistema maggioritario e crisi dei partiti come organizzazioni di massa, non può che essere felice della mobilitazione e della voglia di incidere nella politica espressa da questi 80mila. Al “metodo pugliese” si è affiancato il “metodo lombardo”. Anche questo rappresenta una ventata interessante. In assenza di candidati indiscutibili (trovo grave che nessun big nazionale abbia avuto il coraggio di cimentarsi contro Formigoni), il rischio era quello che la scelta cadesse su un “signor nessuno”, per effetto dei veti incrociati e del discutibilissimo gioco del “bruciare” i nomi migliori uno dopo l’altro. In realtà, questo schema sembrava proprio ripetersi anche in questa occasione, finché è entrata in gioco la variabile “Altra Lombardia”. Altra Lombardia è un’associazione di associazioni, cioè un gruppo – vasto, molto vasto – di cittadini e movimenti che ha avanzato un nome – quello di Mario Agostinelli – ma soprattutto un metodo, quello del coinvolgimento e del riconoscimento dell’esistenza di un’area ampia e eterogenea di elettori che non si sentono pienamente rappresentati dai partiti e che hanno chiesto che il processo di selezione del candidato presidente avvenisse anche al di fuori delle segreterie dei partiti. E così è stato, almeno in parte. Ora in Lombardia corre un terzetto – Riccardo Sarfatti, Mario Agostinelli, Carlo Monguzzi – e non solo un candidato presidente. E il valore di questa scelta e di questo percorso è alto e non deve passare inosservato. Presentare una squadra significa presentare l’articolazione sociale di cui il centrosinistra è portatore: i temi dell’impresa e dei diritti civili, del lavoro e dell’ambiente. Ma significa anche, e soprattutto, uscire da quella personalizzazione della politica che ha in Berlusconi e in Formigoni i suoi esempi più pericolosi e che ha nella negazione della politica come forma di espressione di vita associata il suo effetto più devastante.

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Pubblicato il 31 Gennaio 2005
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