Il pasto a casa, il telelavoro, il convivio e l’amore in ditta

Nella risoluzione dei problemi è bello andare alla radice. Per esempio il problema del traffico automobilistico: nelle città si cerca di mettere divieti di sosta, di costruire parcheggi, si ipotizza il car sharing, e così via immaginando. La radice del problema è che non bisogna usare l’automobile se esistono alternative; e che bisogna predisporre queste alternative. Punto. Non mi addentro in dettagli perché si tratta solo di un esempio da citare, ma non da approfondire in questa occasione.

Vorrei invece tornare ai buoni pasto che, come abbiamo visto la settimana scorsa, potrebbero essere eliminati (e con essi i problemi connessi alla loro gestione) con adeguate disposizioni legislative di natura fiscale e contributiva.
All’origine della questione v’è una trattativa sindacale che, tenuto conto dei lavoratori costretti a pranzare lontano da casa sul luogo di lavoro, ha ottenuto che le fabbriche istituissero dei servizi di mensa. Poi la questione si è sviluppata, come illustrato la settimana scorsa.
Alla radice v’è tuttavia la domanda: perché un lavoratore è costretto a passare tutto il tempo della giornata lavorativa lontano da casa? Ecco che da questo conseguono seri inconvenienti, per sé e per tutti:
Il pendolare passa ogni giorno alcune ore della sua vita a viaggiare per andare e tornare dal lavoro con costi, scomodità, congestione del traffico. Nell’intervallo di mezzogiorno è costretto a nutrirsi fuori casa (ecco il problema dei buoni pasto);
i rapporti famigliari sono snaturati, dato il tempo residuale loro dedicato durante la settimana (coniuge, figli, genitori conducono una vita quotidiana separata da quella del lavoratore); i rapporti sociali nel luogo di residenza sono occasionali o assenti (i quartieri dormitorio); v’è una moltiplicazione di esigenza di costruzioni e di spazi, data la distinzione fra sede di lavoro e sede abitativa.
Tuttavia pare che il trovarsi sul luogo di lavoro comporti aspetti gratificanti e positivi: il lavoratore ha l’impressione di essere in contatto più diretto con i capi da cui dipende la sua carriera; la direzione aziendale ha l’impressione che la presenza dei dipendenti in un solo luogo consenta una migliore formazione professionale oltre a un più diretto controllo della efficienza lavorativa; si crea uno spirito di corpo e aziendale; infine, ed è aspetto da non sottovalutare, il quotidiano contatto tra colleghi dei due sessi genera una atmosfera di consapevolezza sessuale che contribuisce al sale della vita.

Per eliminare gli inconvenienti elencati è necessaria una rivoluzione dei costumi organizzativi. Da tempo si discute, pur senza risultati generali apprezzabili, del telelavoro, che è reso peraltro più facile dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione elettronica. Bisogna cambiare la mentalità industriale che considerava il rapporto di lavoro un contratto dove il dipendente metteva a disposizione il suo tempo per svolgere certe attività, e l’azienda pagava questo tempo. Quindi una retribuzione a tempo, originariamente connaturata alla catena di montaggio, dove era facile controllare l’efficienza produttiva. Ora i metodi di produzione, sia industriali sia impiegatizi, sono cambiati ma è rimasta l’impostazione dirigenziale secondo cui solo sul luogo di lavoro possa essere controllato che il tempo retribuito sia di fatto messo a disposizione e, possibilmente, non sprecato. Bisognerebbe tornare a un sistema che valuti il lavoro in base ai risultati conseguiti, e non al tempo dedicato, ciò che non sempre è facile. Eppure ciò consentirebbe di far svolgere il lavoro al dipendente dove e nell’orario che meglio gli aggrada, valutando che il risultato, sia per quantità sia per qualità, sia congruo con la retribuzione corrisposta.
E per quanto concerne la formazione e lo spirito aziendale, suggerisco che ci siano convivi periodici di tutti i dipendenti dedicati alla coltivazione di rapporti interpersonali, al fine di fraternizzare, comunicare pensieri ed esperienze, dialogare sugli sviluppi dell’attività, conoscere sempre meglio l’azienda, la sua missione, le sue problematiche, le sue prospettive. E allora ben venga il telelavoro, senza problemi di abbonamenti ferroviari, parcheggi di automobile e buoni pasto.
Non penso che si possa cambiare rapidamente. Tuttavia è doveroso porsi il problema e cominciare a provvedere, dove possibile.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Luglio 2005
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