La fine del sogno leghista
Dopo quelle di Fumagalli sono arrivate le dimissioni di Luigi Rosa, sindaco di Busto.
Un duro colpo per il Carroccio. La fine di un sogno che aveva contagiato tanti cittadini del Nord. Tra quelli che se ne sono andati sbattendo la porta e quelli non riconfermati ormai l’elenco assomiglia più a un calvario che alla storia di un movimento che propugnava un cambiamento epocale.
Raimondo Fassa, il primo borgomastro di Varese nel lontano 1997 non accettò condizionamenti e fu prontamente messo alla porta. Da lì a poco, malgrado lo spessore e il consenso popolare appena ricevuto con l’elezione al Parlamento europeo, gli fu preferito Aldo Fumagalli. “La storia ci racconta come fini la corsa…”
Angelo Luini, sindaco di Gallarate. Spedito a casa anzitempo perché altrimenti avrebbe tramato per correre da solo magari con una lista tutta sua.
Renato Chilin, sindaco di Samarate dal 1997. Sconfitto anch’esso dai suoi stessi sostenitori e poi passato al Ccd e all’Udc poi.
Carlo Crosti, sindaco di Induno Olona. Cacciato dalla sua stessa sezione a cui si preferì il “giovane” Folador, sconfitto da lì a poco.
Emorragia di voti e parimenti emorragia di uomini, ma soprattutto emorragia di progetti, di pensieri, di capacità di governo.
Un movimento che è nato come l’antipolitica, contro lo Stato centralista e che ha fatto del federalismo il suo vessillo ha poi fallito laddove ha avuto responsabilità di governo e non basta un Reguzzoni (alla Provincia) o un Candiani (a Tradate) per tornare a far primavera. E non basta neppure il salvataggio di una storica azienda come la Prealpina latte per aver chiaro quale sviluppo dare al territorio.
Un movimento che tuonava contro Roma ladrona e che poi ha dovuto piegarsi a quelle logiche senza esser capace di condizionarne davvero il corso.
E tra orsetti padani, ciclisti padani, negozi padani, parlamenti padani, banche del nord e simili amenità, ha sperperato tanto di quel denaro che neppure Paperon de Paperoni aveva raccolto in anni di attività.
La sua credibilità è stata minata dai risultati scarsi, ma quello che ora, per i suoi aderenti, davvero sarà dura mandar giù, senza chiudere gli occhi, turarsi il naso, le orecchie e ogni sensore della pelle è la fine degli ultimi suoi amministratori locali. A Varese con il sindaco accusato di violazione della Bossi Fini. A Busto scaricato per non aver rispettato patti su presunti interessi professionali. Proprio tutto quello contro cui la Lega si era battuta.
Difficile davvero da credere, ma tanto è, e con l’uscita di scena di Luigi Rosa e il nuovo sistema elettorale per le politiche si chiude una fase storica.
La Lega non scomparirà. Avrà sempre un discreto consenso popolare, ma diventerà sempre meno importante. Con Bossi in grave difficoltà e con le lotte intestine che sempre meno è possibile nascondere, magari si ritaglierà, come qualcuno sta provando a fare, un triangolo di terra dove il vessillo sarà sempre la difesa dell’etnia celtica. Ma chi gli crederà più?
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