Islam e democrazia: una convivenza possibile?
Questa sera, alla Festa Harambée di Lissago, un seminario per discutere sulle prospettive democratiche del Marocco
Islam uguale autoritarismo: un’equazione tanto facile e diffusa quanto pericolosa. In realtà nel mondo islamico è possibile scoprire diversi casi di apertura democratica: basti pensare al Marocco, che pur essendo una monarchia costituzionale tutela il pluralismo dei partiti politici, e sotto il regno di Mohammed VI ha recentemente introdotto riforme come quella del diritto di famiglia (che, tra le altre cose, pone rigide restrizioni alla poligamia e innalza, per le ragazze, a 18 anni l’età minima per potersi sposare). Per la prima volta in un paese islamico, a maggio di quest’anno 50 donne sono state nominate murshidat, guide alla preghiera.
Per il professor Eugenio Giustolisi, islamista docente all’Università degli anziani di Varese, la democratizzazione in Marocco non è un discorso astratto ma si lega soprattutto all’attività di un gruppo ben preciso, quello della Commissione per l’Equità e la Riconciliazione, un gruppo di lavoro istituito nel 2004 con l’obiettivo di indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse nel Paese dal 1956 al 1999. «Grazie a questa commissione il Marocco è stato il primo paese islamico a riconoscere ufficialmente la Carta dei diritti dell’uomo, riconoscendo tutte le ingiustizie commesse a partire dall’indipendenza dalla Francia nel 1956 – spiega Giustolisi – L’anno scorso si è concluso il lavoro della Commissione, che ha prodotto uno statuto teso a regolare la democrazia in Marocco, compito che prima era portato avanti solo dalle legge islamica. Qui troviamo la tutela di tutti i diritti che conosciamo in Occidente, anche i diritti della donna». Primi promettenti passi per un paese in trasformazione: «Si tratta di un cammino appena inziato, una svolta culturale che naturalmente dovrà essere accompagnata e sostenuta da un adeguato sviluppo economico». Giustolisi svilupperà la questione nel corso del seminario “Marocco: la democrazia passa dalla riconciliazione” di venerdì 23 giugno, durante la festa Harambée a Lissago.
Fiducioso nei confronti di una democratizzazione del Marocco anche lo storico Enzo La Forgia: «Innanzitutto, paesi come il Marocco e altri Stati del Nord-Africa non appartengono a una tradizione di islamismo fondamentalista. Sono numerosi i segnali che negli ultimi anni ci fanno pensare che in molti paesi del Maghreb potrà svilupparsi una democrazia simile a quella occidentale – simile ma non identica: più che di una differente concezione di democrazia è un discorso di tempi, si parla di Stati che si sono liberati da poco dal giogo coloniale (tra la fine degli anni ’50 e la prima metà degli anni ’60) che ne ha bloccato lo sviluppo per decenni». Ma è quindi possibile una convivenza tra Islam e democrazia? «Sono convinto di sì. Basti pensare a casi come quello della Palestina, di fede islamica e con una struttura democratica; al contrario, uno stato come l’Arabia Saudita, che siamo abituati a pensare come più vicino all’Occidente, è governata da una corrente fondamentalista. Quello che è certo è che dobbiamo vivere un rapporto continuo e costante con questi Paesi: ne sappiamo ancora troppo poco. Per noi italiani, “Marocchino” è qualsiasi persona di origini africane».
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