Dieci anni fa gli incidenti al Franco Ossola. In Italia nulla è cambiato
Cos’è cambiato da dieci anni a questa parte negli stadi italiani? Nulla verrebbe da dire osservando le immagini inedite degli scontri avvenuti tra ultras e forze dell’ordine il 18 ottobre 1998 fuori dal Franco Ossola al termine del derby Varese-Como. Le vie intorno allo stadio vennero messe a ferro e fuoco, proprio come, domenica 11 novembre, è capitato a Roma, Bergamo e Milano. Il giorno dopo gli scontri ci furono 32 denunciati, di cui sette minorenni.
Se nulla è cambiato in Italia, qualcosa è cambiato nel nord Europa. Gli hooligans, la tifoseria più pericolosa del Vecchio Continente, tristemente famosa per i morti negli stadi dell’Heysel, di Bradford, di Hillsbourough, sono stati letteralmente cancellati dalla faccia della terra con un atto di coraggio della politica, che ha fatto leva sul senso di responsabilità del pubblico sano. Provate a guardare uno stadio inglese. Gli spettatori potrebbero entrare in campo in ogni momento. Non ci sono barriere, vetri antisfondamento o reticolati. Eppure non succede mai nulla. È l’effetto di una politica seria, quella inglese. Il Taylor Report del 1990 conteneva una serie di raccomandazioni che riguardavano non solo l’aspetto sicurezza, ma l’ammodernamento complessivo del calcio professionistico. Le risorse spese per quella grande rivoluzione ammontarono a 500 milioni di sterline, con una buona partecipazione, circa il 30 per cento, del Football trust, la società britannica che gestisce i concorsi e i pronostici. La via che deve seguire Amato, dunque, è già stata tracciata. Basta seguirla.
Domenica pomeriggio è accaduto un altro fatto importante: in alcuni stadi la tifoseria buona ha fischiato e contestato gli ultras violenti. È avvenuto a Bergamo e anche a Varese. La maggioranza non è rimasta, dunque, silenziosa. Al Franco Ossola i soliti “Blood Honour”, ultras di estrema destra che da anni non ci risparmiano croci celtiche, svastiche e cori razzisti, dopo aver intonato slogan contro le forze dell’ordine si sono presi una valanga di fischi dal resto del pubblico. Atteggiamento che non è passato inosservato al giudice sportivo che ha mitigato la multa inflitta alla società. Era già accaduto nel 2001, quando in una sera d’agosto l’intera tribuna del Franco Ossola fischiò le teste rasate, perché accolsero Mohamed Benhassen, calciatore di origine marocchina acquistato dal Varese, al grido di «Noi il negro non lo vogliamo».
Benhassen alla stupidità e alla grassa ignoranza dei “Blood Honour” rispose nell’unico linguaggio che conosceva, rifilando uno splendido gol al Cagliari.
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