Busto Arsizio esorcizza l’inverno

L'antico rito promette un'annata buona, e forse sarà così; ma buona era sicuramente la polenta e bruscitti andata ruba in piazza San Giovanni

La Giöbia di quest’anno porterà bene? Dicono di sì, ma di sicuro questo giovedì 31 gennaio 2008 a Busto Arsizio ha già portato una serata serena e l’occasione di fare quattro passi, scaldarsi al fuoco (anche troppo…) e poi mangiare gratis in piazza. Di questi tempi convulsi, non è poco. Si viene da giorni poco sereni, politicamente  – a livello nazionale – o per preoccupazioni di carattere finanziario e amministrativo – quassù. Constatare che un semplice evento pubblico, il rilancio annuale di una tradizione antichissima, porta in piazza tanta gente in un clima di pace, riconcilia anche con una città fin troppo compiaciuta di sè. Una città il cui nome ribadisce una certa tendenza alla piromania fin dai tempi antichi: "bruciata e arsa", già al tempo in cui oscure tribù liguri (lo dice l’esperto in materia, cui dobbiamo anche la nostra "barbarica" e insolita grafia: Giöbia) si ricavarono uno spiazzo nella brughiera per farsi quattro capanne e altrettanti orticelli. E Busto fu.

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Falò, polenta e bruscìti a Busto 4 di 15

Piazza Venzaghi straboccava di popolo per il rogo delle "vecchie", alcune tradizionali, altre segno dei tempi, dei mali che si vogliono simbolicamente dare alle fiamme purificatrici: che si tratti di capi di governo già abbondantemente "bruciati" in Parlamento da presunti amici, o di pratiche di ricerca scientifca che si cerca faticosamente di superare (la sinistra Giöbia animalista della Lega antivivisezione). Quello che il sindaco Farioli, lesto ad armeggiare con fiaccole e benzina, vorrebbe vedere davvero bruciare, è la litigiosità, dice. Meno litigiosità, più lavoro costruttivo per questo 2008, ammonisce. Ettore Ceriani, regiù della Famiglia Bustocca, patron della manifestazione, vede rosa: fin dalle "prove generali" del mattino alle scuole Verri, ricorda, le fiamme si sono levate alte, ed è buon segno.

Evitato d’un pelo d’essere arsi dal vento beffardo che sposta le fiamme di qua e di là tra scenari che inducono a cambiar vita – passare così l’eternità sarebbe, per quanto spettacolare,
poco confacente alla salute – si avverte un certo languore. Piazza San Giovanni è giusto a quei trecento metri a piedi utili a stuzzicare l’appetito. E qui, in una cucina che fuma come l’antro delle dantesche Malebolge, si crea il miracolo culinario nostrano della polenta e bruscitti: come sia possibile che un piatto così semplice risulti così gustoso, resta un mistero gaudioso affidato alle mani sapienti dei cuochi. "In prima linea" in cucina i commercianti di Ascom e del Comitato centro cittadino, in testa i macellai – intorno una folla famelica di centinaia di persone attratte dalla cena "a ufo". Memorabile il commento tra il serio e il faceto di una collega della stampa, ancora influenzata dai mugugni per il Natale sotto tono: «Sarà mica un segno di recessione tutta questa gente qui perchè si magia gratis?». Intanto il sindaco serve a raffica, mentre la fila si allunga a dismisura riempiendo la piazza, e
 anche gli operatori della stampa non si sottraggono ad abbondanti assaggi, tributando le più alte lodi ai cuochi e alla qualità dei prodotti. Si conclude così, in allegra compagnia, una di quelle serate che rimettono insieme i cocci di una città spesso divisa e incline a spaccare il capello in quattro quando si discute di soldi, politica o urbanistica, ma capacissima di rimettersi d’accordo sulle cose davvero importanti.

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Pubblicato il 31 Gennaio 2008
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