La sinistra italiana perde Vittorio Foa
Si è spento a 98 anni uno dei padri fondatori della Repubblica. Una vita nel segno del socialismo democratico, dal carcere fascista al Partito d'Azione al Psi, fino al PDS
È morto all’età di 98 anni a Formia, dopo lunga malattia, Vittorio Foa, uomo politico, gioanlista e scrittore. Con lui la sinistra italiana perde un "grande vecchio", testimone del Novecento e della storia del socialismo italiano. Ne ha dato l’annuncio publico Walter Veltroni, salutandolo come esempio di impegno disinteressato e di vera militanza per la democrazia, "uno dei figli migliori di questo Paese". Unanime il cordoglio nel PD ma anche ina ltre forze politiche – nella sua lunga carriera Foa, uomo di idee chiare ma figura non divisiva, aveva saputo conquistarsi la stima generale.
Foa fu autore di numerosi libri, l’ultimo, "Le Parole della politica" , scritto a quttro mani con Federica Montevecchi e dedicato al degrado del linguaggio politico.
Vittorio Foa (nella foto lo si vede con il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2001) nacque a Torino il 18 settembre 1910, da famiglia ebraica per parte di padre, nipote di un rabbino. In gioventù avversò il fascismo, aderendo agli ideali del movimento Giustizia e Libertà; nel 1935, tradito da un delatore al servizio dell’OVRA, fu arrestato e condannato a ben 15 anni di carcere, durante i quali ebbe occasione di conoscere figure di spicco dell’antifascismo e della sinistra di orientamento non comunista. Liberato durante i "45 giorni" di Badoglio nel 1943, aderì al Partito d’Azione che rappresentò nel Comitato di Liberazione Nazionale. Fu deputato all’Assemblea Costituente nel 1946-48, aderendo quindi, dopo lo scioglimento del Partito d’Azione, a quello socialista, all’epoca legato da alleanza organica ai comunisti, di cui fu deputato dal 1953 al 1968. Alla fine degli anni Quaranta risale anche il suo impegno con la Cgil, e specificamente la Fiom.
Dal 1964 la sua linea politica lo portò ad aderire alla scissione a sinistra del PSIUP dal PSI, e succssivamente al PdUP e alla fase costituente di Democrazia Proletaria. Eletto nuovamente in parlamento nel 1976 in due circoscrizioni, rinunciò a favore di due esponenti dei movimenti della sinistra operaista. Dal 1980 si allontanò dalla politica attiva, e dopo anni di collaborazioni a riviste d’area si dedicò all’insegnamento universitario con la cattedra di Storia contemporanea nelle università di Modena e Torino. Sette anni dopo accettò una candidatura come indipendente nelle liste del PCI; pur non essendo mai stato comunista. Fu senatore per tutta la legislatura e aderì al PDS, prima di abbandonare definitivamente la politica per dedicarsi alla stesura di libri basati sulla sua lunga esperienza: tra questi "Il sogno di una destra nomale" (1995), "Il silenzio dei comunisti" (2002), "Un dialogo" (2003).
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