La trasparenza ai tempi della crisi

Gianni Mazzoleni, segretario CNA Varese Ticino Olona, interviene sulla situazione finanziaria - e quella economica che verrà. Chiedendo di riflettere sulle responsabilità

Trema l’economia di carta, e con essa l’economia reale. Tremano gli operatori di borsa, ma anche i risparmiatori, le imprese, le famiglie. Fino a rendere puramente illusoria la distinzione, appunto, tra economia di carta ed economia reale. Altrettanto illusorio pensare, come sistema Italia, di essere immuni dalla crisi o di subirne le conseguenze solo di striscio.

In effetti, quanto sta accadendo sui mercati finanziari di tutto il mondo non può non preoccupare gli operatori economici, a tutti i livelli.  I rischi di un ulteriore allargamento della crisi del credito e le possibili conseguenze sulle economie nazionali mettono impietosamente tutti di fronte a problematiche completamente nuove per la loro dimensione e per la loro complessità. 
Gli sconvolgimenti di queste settimane, i fallimenti bancari, le nazionalizzazioni, i risparmiatori in coda per ritirare i loro risparmi, i numerosi e finora inutili interventi delle autorità monetarie e dei governi non solo stanno determinando una nuova mappa del sistema creditizio mondiale ma, di fatto, consolidano nuovi equilibri, nuove gerarchie e, ci auguriamo, strategie del credito più ancorate all’economia reale.

In altri termini, ciò che si è palesato in questi mesi, dalla crisi dei subprime a oggi, è il definitivo fallimento di un sistema spesso basato sulla cosiddetta economia di carta, effimera quanto opaca, sulle «alchimie» finanziarie, sulle speculazioni,  sempre più lontana dall’economia concreta e reale.  Almeno da questo punto di vista, le piccole imprese, certamente, non avranno rimpianti, anche se purtroppo ne subiranno ugualmente le conseguenze.  

Eppure, la gravità e la dimensione della crisi mettono in evidenza, ancora una volta, la necessità di un profondo ripensamento delle regole, dei controlli e della trasparenza dei mercati. Basti ripensare, ad esempio, agli scandali finanziari, grandi e piccoli, che in questi anni le cronache hanno di volta in volta riferito per comprendere come la trasparenza deve diventare un imperativo a tutti i livelli e per tutti gli operatori, società di rating, banche, operatori finanziari, autorità di controllo. Già questa operazione di pulizia potrebbe non solo ridare fiducia ai mercati ma anche innescare una spirale positiva.

E’ oramai sicuro che sono e saranno necessari altri interventi delle autorità monetarie, delle banche centrali e dei governi dei paesi economicamente più evoluti. La concertazione delle iniziative in sede europea non solo è auspicabile ma è fondamentale. Gli accordi di questi giorni non possono che essere una prima risposta. L’Ue, rispetto alla gravità e ai rischi di questa situazione, deve esprimere il massimo di coesione a difesa dei risparmiatori, del mercato del credito, delle piccole imprese.  Rispetto alla discussione avviata in sede europea manca forse uno sforzo congiunto per il rilancio della crescita e dello sviluppo economico.

Ciò vale, a maggior ragione, per il nostro paese. 
La cui economia, purtroppo, da quasi quindici anni, o non cresce o lo fa molto più lentamente dei nostri partner europei
. Se a questo aggiungiamo il peso di un debito pubblico enorme, si può facilmente intuire come la crisi del credito, per noi, rappresenti un rischio maggiore.  Che verrebbe ulteriormente amplificato dal possibile «contagio» tra la crisi dei mercati finanziari e l’andamento del ciclo economico. In una fase tanto delicata – anche per la mancanza assoluta di esperienze precedenti cui attingere per il reperimento di  soluzioni immediatamente praticabili – l’unica ricetta credibile e coerente va ricercata proprio nella crescita economica, nell’individuazione di politiche industriali coerenti, nel sostegno delle imprese sui mercati, nel rilancio complessivo della  capacità di competere. Solo queste opzioni possono accrescere il valore e la credibilità del nostro paese con tutti gli effetti, non solo sul piano dei costi, che ciò può rappresentare. 

Le piccole imprese, pur incolpevoli rispetto a quanto sta avvenendo, stanno soffrendo e rischiano di pagare pesantemente la crisi del mercato del credito, con un aumento del costo del denaro e, in particolare, con una crescita delle difficoltà nell’accesso al finanziamento bancario. Difficoltà che si potranno sostanziare in in diversi modi: tempi più lunghi, richiesta di maggiori garanzie, ulteriore  burocrazia, diminuzione del credito disponibile e che rischiano di ingenerare una spirale perversa fatta di carenza di liquidità e di caduta degli investimenti.

Serve certamente una presa di coscienza della gravità della situazione da parte delle aziende, ma di sicuro non aiutano recenti  dichiarazioni di rappresentanti del mondo bancario nelle quali si evidenziava la scarsa competenza finanziaria presente nelle piccole imprese come se, per molte di queste, l’insuccesso dipendesse o fosse determinato da questa ignoranza. Noi siamo convinti che il miglioramento delle competenze, in particolare per un imprenditore, sia una di quelle necessità sulla quale occorre davvero intervenire con continuità. E’ altrettanto importante però scindere le responsabilità e  sottolineare che al dramma di questa situazione non siamo arrivati per la scarsa cultura dei piccoli imprenditori; gli scandali finanziari avvenuti nel nostro paese non li hanno generati gli artigiani e le piccole imprese.  Chi continuava, fino a qualche giorno fa, a indicare come vantaggioso l’acquisto di titoli di istituti poi falliti non erano i piccoli imprenditori o sminuire la portata di una crisi epocale.

In ogni caso, le polemiche non sono utili. Ciò che veramente conta, nell’interesse generale, è trovare nuove modalità di relazione tra le imprese, le loro associazioni di rappresentanza e le banche. Sostenere l’economia reale, in un paese come l’Italia, dove ben oltre il 90% delle imprese ha una piccola dimensione, significa partire da qui. Per quello che ci riguarda, la CNA, ancora nello scorso giugno, ha avanzato proposte precise in questa direzione. E ancora, accrescere la capacità competitiva delle imprese, favorirne i processi di innovazione, allargare la loro presenza sui mercati. Queste sono le priorità su cui lavorare per favorire la crescita economica dell’Italia e questi sono i punti da cui partire per rifondare un sistema del credito vicino all’economia reale, non a quella effimera e volubile della speculazione.

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Pubblicato il 10 Ottobre 2008
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