Bimbe con la sindrome di Rett, l’appello di due madri coraggio

Sono Maddalena, mamma di Asja, e Giulia, mamma di Benedetta. Raccontano la difficoltà di curare le loro piccole nella più completa mancanza di assistenza

Ci sono patologie talmente rare che non esistono protocolli per garantire le cure. Una di queste è sicuramente la sindrome di Rett una grave patologia neurologica, che colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile dovuta ad un’anomalia del cromosoma X dominante, con alcune variazioni possibili, e che ferma inesorabilmente lo sviluppo della bambina e poi ad una regressione, o perdita delle capacità acquisite. A Busto Arsizio due mamme coraggio portano avanti la loro battaglia per le rispettive figlie: Maddalena, mamma di Asja di 9 anni, e Giulia, mamma di Benedetta di 4. Età diverse ma stessi problemi per le due piccole che non hanno la possibilità di seguire alcune terapie importanti per rallentare la malattia, per la quale ci sono speranze di trovare una cura.

L’ASISTENZA SANITARIA – Manca nel circondario una piscina per fare l’idroterapia, l’unica struttura che c’è all’ospedale di Gallarate è utilizzata solo da anziani, l’ippoterapia, secondo le ultime ricerche considerata importante per le bambine colpite dalla sindrome, e la logopedia, attività che serve a permettere alle bambine di esprimersi almeno in minima parte. L’appello delle mamme di Busto è quello di ottenere, prima di tutto, una maggiore attenzione verso questa sindrome rara da parte delle strutture sanitarie e scolastiche della zona, ma anche quello di avere un protocollo sanitario che permetta a livello nazionale di avere determinate cure tramite il servizio sanitario nazionale: «La mia situazione a Busto Arsizio sta diventando tragica – sottolinea Maddalena, mamma di Asja – la neuropsichiatra che ci è stata assegnata non vede la bambina da due anni e non riesco ad ottenere un certificato che permetta alla mia bimba di fare idroterapia nella struttura di Gallarate, dove attualmente, mi è stato detto, ci si può occupare solo degli anziani. Prima portavo mia figlia in un centro privato attrezzato qui a Busto ma è stato chiuso. Asja stava facendo progressi incredibili».

LA SCUOLA
– A scuola la situazione sembra essere leggermente migliorata rispetto all’anno scorso: «Non c’è una figura specializzata ma la scuola qualcosa sta facendo – racconta Maddalena – è stata creata per Asja una classe di 8-9 bambini, dove lei può essere seguita. Anche la maestra di sostegno, che tuttavia non sappiamo se rimarrà anche l’anno prossimo, si è informata sulla malattia di mia figlia e cerca di coinvolgerla maggiormente. Spero che verrà riconfermata». La sindrome di Rett colpisce anche Benedetta e la mamma Giulia è preoccupata per quello che l’aspetta: «Vedendo il calvario di Maddalena – spiega Giulia – sono molto preoccupata per quando mia figlia dovrà cominciare la scuola». Preocupazioni più che legittime per entrambe le famiglie che sperano, con questo appello sia alla città che all’azienda ospedaliera, di dare maggiore visibilità al loro problema. Giulia e Maddalena chiedono annche, per la prossima dichiarazione dei redditi, di donare il 5 per mille alla ricerca tramite l’Airett (Associazione italiana rett) specificando il codice fiscale dell’associazione 92006880527.

 
 
LA SIDROME – Ecco cosa provoca la sindrome di Rett. Si osserva un rallentamento dello sviluppo del cranio (di grandezza normale alla nascita) rispetto al resto del corpo tra i primi 5 e i 48 mesi di vita; uno sviluppo psicomotorio normale entro i primi 5 mesi di vita, con successiva perdita delle capacità manuali precedentemente sviluppate e comparsa di movimenti stereotipati delle mani (torcerle, batterle, morderle, strizzarle). Si assiste anche ad una progressiva perdita di interesse per l’ambiente sociale, che tuttavia in alcuni casi ricompare con l’adolescenza.

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Pubblicato il 10 Aprile 2009
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