E se il digitale terrestre non va? C’è il satellite, forse
Per alcuni utenti la parabola è l'unica alternativa all'analogico. Tuttavia il mercato è ancora in subbuglio, lasciando nel dubbio gli utenti e dimenticando le leggi sul decoder unico
Il digitale terrestre è una tecnologia all’avanguardia, ma in alcune zone non arriverà: mai e poi mai. Questo è stato chiaro fin da subito: in alcune zone di montagna è tecnicamente impossibile far arrivare un segnale pulito, fondamentale per la ricezione del digitale terrestre. Molte di queste zone, per altro, cadranno proprio nella Provincia di Varese.
Gli utenti più sfortunati sono sempre stati tranquillizzati dall’alternativa satellitare. Basta una parabola per il satellite (che in molti già oggi hanno installato nelle zone più impervie) per vedere tutti i canali italiani (e del mondo) in qualità digitale.
Come sottolinea un articolo di Gianni Rusconi sul Sole 24Ore, tuttavia, alcune scelte vagamente politiche stanno rendendo sempre più complessa e intricata l’alternativa satellitare. Nei prossimi mesi chi deve rivolgersi al satellite potrà scegliere tra: satellite in chiaro, Sky e Tivùsat.
Il satellite in chiaro non ha nessuna forma di abbonamento, basta un’antenna: tuttavia molte trasmissioni sportive e fiction di Rai e Mediaset sono criptate (invisibili). Questo perché le reti detengono diritti nazionali, e il satellite "libero" non permette di distinguere gli utenti da stato a stato.
In alternativa, fino a oggi, c’era Sky: certo, si tratta di una tv a pagamento, tuttavia era l’unico sistema in grado di certificare la nazionalità degli utenti, e quindi di trasmettere tutti i programmi delle "vecchie" tv in chiaro (Rai 1, 2, 3 e Mediaset, per capirsi).
Proprio per non costringere gli utenti delle zone impervie a pagare un abbonamento, per vedere quello che gli altri vedono gratis, Rai, Mediaset e Telecom hanno creato una nuova piattaforma, chiamata Tivùsat. Con un decoder a prezzi "popolari" e una smart card gratuita, sarà possibile vedere tutti i canali del digitale terrestre su satellite, questa almeno è la promessa.
Le cose, però, si stanno complicando. Per prima cosa Tivùsat è stato rimandato: tutto è pronto, persino i decoder sono stati prodotti, ma non si parte. La Rai, infatti, ha fermato temporaneamente il progetto. Perchè? Il motivo sembra uno solo: in questi giorni Rai deve decidere se continuare a trasmettere i suoi canali gratuiti anche su Sky. Se Rai, come sembra, deciderà di non trasmettere più su Sky, gli utenti interessati alla pay-tv di Murdoch dovranno necessariamente acquistare due decoder separati (della legge sul decoder unico non c’è più traccia e Sky usa un protcollo non standard). Il decoder TivùSat non è compatibile con Sky ma, a quanto sembra, integrerà un lettore di smart card compatibile con la pay-tv di Mediaset: sarebbe un problema dal punto di vista della competizione.
Insomma, il rischio è che un mezzo nato per semplificare la vita a chi era ostacolato dalle nuove tecnologie, diventi una strategia commerciale vera e propria. A far crescere i sospetti è che la scelta di Rai di togliere i canali free da Sky, potrebbe costare l’interruzione del contratto Rai-Sky: oggi vale 474 milioni di euro, una fetta importante degli introiti della tv pubblica.
Gli utenti costretti a passare al satellite quindi cosa devono fare? In assenza di Tivùsat nei negozi e con i dubbi sulla persistenza di Rai e Mediaset su Sky non rimane che aspettare… e leggere le pagine di politica.
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