Partorire con dolore? Non è più realtà

Il parto in analgesia, la famosa epidurale, è un'opportunità che viene offerta al Del Ponte, a Cittiglio e a Gallarate. Soffrire non è più una condizione della maternità

Partorire nel dolore? No grazie!
Sono sempre più numerosi i casi di mamme che scelgono vie alternative per evitare urla e sofferenze al momento del parto.

In crescita sono, innanzitutto, i cesarei che, sulla base delle raccomandazioni dell’OMS che parlano di un 20-25%, in provincia stanno diventando numerosi: dal 37% dei parti totali a Cittiglio, si passa al 32% del Del Ponte, al 39% di Angera, al 28% del sant’Antonio al 21% di Busto Arsizio, al 23% di Tradate e al 21% di Saronno: « Questo dato ha numerose letture – spiega il professor Pierfrancesco Bolis, primario della clinica ostetrica del Del Ponte – Innanzitutto l’età della primipara: ormai si ha il primo figlio dopo i trent’anni e anche i 35. Poi sono caratterialmente meno convinte di riuscire a sopportare il dolore. Se mettiamo insieme anche tutti i casi di donne note che dopo il cesareo tornano subito al lavoro… Il gioco è fatto».

Ed è una minor forza psicologica a indurre le gravide a richiedere il parto in analgesia, con la famosa "epidurale" che permette di alleviare i dolori del travaglio e dell’esplusione: sul 70% dei parti spontanei registrati al Del Ponte, quasi la metà sono stati fatti in analgesia. A Cittiglio, un quarto dei parti fisiologici è avvenuto con l’epidurale. A Gallarate lo scorso anno sono state 69 le donne a scegliere il parto "dolce", numero già salito a 75 quest’anno.

Scegliere il parto in analgesia non è, in genere, questione "dell’ultimo minuto". A Varese, per esempio, le donne possono seguire un incontro informativo per conoscere i pro e i contro. Quindi vengono sottoposte a visita in un ambulatorio dedicato per escludere controindicazioni. Questa modalità, comunque, viene assicurata a tutte le donne che fanno richiesta: chi arriva al momento del parto viene valutato  in sala travaglio.
Possibili conseguenze dell’anestesia sono un fortissimo mal di testa o conati di vomito nei tre giorni  successivi al parto.

Tra i fautori del parto in analgesia c’è il professor Bolis: « Mi sembra assurdo costringere qualcuno a soffrire quando la medicina può aiutarle. Il problema è, anche in questo caso, che le donne non sono pronte psicologicamente ad affrontare il dolore della nascita e preferiscono sapere di avere un aiuto per non scoraggiarsi. La società cambia: quando ho iniziato non si faceva il cesareo nemmeno nei casi podalici con un rischio del 2%. Oggi non è più accettabile».

Che sia una questione di "sostegno psicologico" più che reale ne è convinto anche il dottor Rosario Galati, primario di ostetricia e ginecologia all’Ondoli di Angera: « Noi, attualmente, non abbiamo personale di anestesia dedicato quindi non possiamo assicurare questo tipo di parto. Constatiamo che il limite viene vissuto con preoccupazione dalle donne che vengono nel nostro ambulatorio. È un grande conforto sapere che, al culmine del dolore, potranno chiedere l’epidurale. Spero di poter garantire anche all’Ondoli entro l’anno questo servizio diventato ormai indispensabile».

Donne deboli, fragili psicologicamente? Si può anche pensarla così. Oggi le giovani sono meno inclini a soffrire. D’altra parte il progresso va a loro vantaggio: « Non sta scritto in nessun posto che la donna deve soffrire per partorire. Chi ricorda le scritture non sa che la versione in aramaico afferma: "La donna partorirà e soffrirà" perchè essere madre è una sofferenza per tutta la vita…».

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Pubblicato il 10 Agosto 2009
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