Era a Gallarate la pistola usata per uccidere il boss
Ricostruito il puzzle mortale dell'omicidio Padovano, consumatosi nel settembre 2008 a Gallipoli. L'arma che ha sparato al boss della Sacra Corona Unita era seppellita in un orto a Gallarate
L’arma usata per uccidere Salvatore Padovano, boss della Sacra Corona Unita freddato a Gallipoli il 6 settembre 2008, era sepolta a Gallarate. La certezza l’hanno data gli esami balistici effettuati dalla Polizia Scientifica di Roma. Padovano era uno dei capi più fprti e temuti del clan omonimo, che controllava la zona di Gallipoli, nel Leccese, in particolare per quanto riguarda il traffico di stupefacenti. I carabinieri dei Ros di Lecce e gli uomini della squadra mobile della Polizia di Stato salentina hanno arrestato i mandanti dell’omicidio, tra i quali c’è anche il fratello della vittima, Rosario Padovano.
A sparare il colpo letale è stato il reo confesso Carmelo Mendolia, siciliano quarantenne, conosciuto
dalle forze dell’ordine per piccoli reati, reclutato dai malavitosi pugliesi per sparare all’ex boss che voleva cambiare vita. Mendolia era stato arrestato quasi per caso a Gallarate all’interno di un bar nell’aprile del 2009: aveva con sé una pistola detenuta illegalmente ed è finito dietro le sbarre; quasi contemporaneamente all’arresto di Mendolia, per l’esattezza due giorni dopo, gli agenti della Polizia di Stato di Gallarate guidata da Franco Novati, hanno arrestato un altro siciliano, Filippo Lisandrelli, 49 anni, anche lui noto alle forze dell’ordine per reati di vario tipo: il cane Scooby, un labrador di sette anni dell’unità cinofila antiesplosivo della Polaria di Malpensa, aveva fiutato un’arma sepolta nell’orto dell’uomo. Anche Lisandrelli fu arrestato per detenzione illegale dell’arma.
dalle forze dell’ordine per piccoli reati, reclutato dai malavitosi pugliesi per sparare all’ex boss che voleva cambiare vita. Mendolia era stato arrestato quasi per caso a Gallarate all’interno di un bar nell’aprile del 2009: aveva con sé una pistola detenuta illegalmente ed è finito dietro le sbarre; quasi contemporaneamente all’arresto di Mendolia, per l’esattezza due giorni dopo, gli agenti della Polizia di Stato di Gallarate guidata da Franco Novati, hanno arrestato un altro siciliano, Filippo Lisandrelli, 49 anni, anche lui noto alle forze dell’ordine per reati di vario tipo: il cane Scooby, un labrador di sette anni dell’unità cinofila antiesplosivo della Polaria di Malpensa, aveva fiutato un’arma sepolta nell’orto dell’uomo. Anche Lisandrelli fu arrestato per detenzione illegale dell’arma.Le successive dichiarazioni di Mendolia (che dopo l’arresto di aprile cominciò a collaborare ammettendo di essere l’esecutore materiale dell’omicidio) hanno permesso di ricostruire le caselle del puzzle mortale. L’arma con la quale è stato ucciso il boss Padovano (una pistola semiautomatica Beretta, calibro 9 corto, con matricola cancellata) è stata portata al Nord da Mendolia (che non risulta essere affiliato alla Sacra Corona Unita, ma ha svolto il compito dikiller affidatogli dai pugliesi), che poi l’ha affidata a Lisandrelli (che pare non sapesse a cosa fosse servita), il quale a sua volta per nasconderla l’ha sepolta nell’orto di casa a Gallarate, fino all’arrivo degli agenti della Polizia di Stato.
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