“Vi racconto la nostra Wikipedia”

"Jimbo" Wales, fondatore dell'enciclopedia online, intervistato dai giornalisti del Corriere della Sera Daniele Manca e Gianantonio Stella

Wikipedia raccontata da chi l’ha fondata. L’enciclopedia online aperta al contributo di tutti, aspirante summa dello scibile umano, e il suo fondatore, “Jimbo” Wales (foto). Lunedì a Milano, presso la sala Buzzati di via Balzan, l’uomo che ha fatto fiorire la cultura “wiki” (dalla parola hawaiiana per “veloce”) è stato introdotto dai giornalisti del Corriere della Sera Daniele Manca e Gian Antonio Stella in un incontro indetto dalla Fondazione Corriere in clollaborazione con Bergamo Scienza.
Firme di prestigio del giornalismo "classico", cartaceo, per porre a Wales questioni adatte al grande pubblico più che a quanti già sono immersi nell’universo Wiki. Ma Jimbo Wales, semplice e modesto a dispetto di aver dato vita, insieme ad una entusiasta community, ad una rivoluzione del sapere di portata epocale, è abituato a confrontarsi sui temi più tecnici come su quelli più divulgativi.

– Numeri e concetti chiave di un fenomeno
Trecentotrenta milioni di utenti, tre milioni di articoli nell’edizione in inglese, oltre seicentomila in quella italiana, settima al mondo. Numeri che non dicono tutto, per Manca: le questioni che l’esperienza di Wikipedia richiama sono alla base stessa dei concetti di democrazia. Apertura, libera modificabilità, e al tempo stesso il controllo discreto della comunità dei contributori e degli admin che sovrintendono (con mano leggera) le varie sezioni. L’idea dell’accesso libero è centrale, spiega Wales.  Il concetto viene dal mondo del software open source, ossia liberamente modificabile e redistribuibile dall’utente, a diferenza che nel copyright.

– Essere tutto e niente
«Wikipedia è un’enciclopedia e nient’altro»: Jimbo Wales deve sempre spiegare cosa è e cosa non è. Wikipedia non è un manuale che può sostituire i libri di scuola, pur essendo utilissima agli studenti; e non è un social network, pur creando contatti e legami transcontinentali e transculturali. O col vicino di casa. Per gestire un’impresa che è estesa su tutta la Terra e vive della libera contribuzione di tutti, la Wikimedia Foundation, con sede a San Francisco, ha in tutto e per tutto 25 dipendenti e 7 milioni di dollari di bilancio, che l’anno prossimo diventeranno dieci. Praticamente niente, per il quinto sito al mondo per contatti (Google dixit). Accanto a Wikipedia, gratuita e no profit, sostenuta dalle donazioni che ogni anno piovono da oltre 50 Paesi, è nato il progetto di Wikia, che offre servizi per costruire delle “reti wiki”. E dire che tutto nacque da un fallimento: quello di Nupedia, l’enciclopedia che Wales lanciò alla fine del 2000. Un progetto classico, valutato da specialisti, con un pool di contributori esperti nei vari rami dello scibile. Non funzionò. Poi l’illuminazione, su suggerimento di un dipendente: il sistema Wiki. Aperto a tutti. In tempo reale.

– Cento nazioni, cento versioni di Wikipedia
Interessanti le differenze fra le vari Wikipedia “nazionali”. A parte quelle più ovvie sulle dispute di ordine storico (ad esempio il maresciallo Radetzky che per noi fu un tiranno, per gli austriaci un prode servitore della corona) o sui fatti attuali, ci sono i focus specifici. Quella giapponese è dominata per due terzi dalla pop culture, fumetti e “tribù” in testa, segno di contributori giovanissimi; tedeschi, francesi e russi sono invece affezionati alla geografia. A tutti piace parlare di sesso, poi: tranne, pare, a chi parla francese e spagnolo. Perchè, sostiene Jimbo fra le risate generali, loro lo fanno, mentre gli altri… ne scrivono. Stesso tipo di “spiegazione” per il  fatto che in proporzione alla popolazione olandesi, polacchi, scandinavi sono contributori eccezionali. Là fa freddo e tira vento: qui c’è il sole… e si esce.

– Tutti uguali sul Web?
Stella "punzecchia" Wales, ma senza scalfirlo. Ad esempio: non ci sono graduatorie in Wikipedia? Il contributo di un professore universitario e quello di un quindicenne in crisi ormonale pari sono? Assolutamente sì. E altrettanto certamente no. Sì perchè entrambi hanno diritto di cittadinanza sulla pagina web, no perchè se l’intervento del primo è di qualità, cita le fonti e dà un contributo di sostanza, difficilmente sarà rimosso da altri. Al più, potrà essere arricchito. Da un link, una foto, una correzione ortografica. Poi bisogna essere pronti ad accettare i punti di vista altrui: e anche un professorone non rende un buon servizio se scrive un articolo, ma senza corredarlo di fonti esterne e riferimenti puntuali.

– Vandali, censure, regimi e "suggeritori"
Stella introduce anche i temi della censura: e Wales racconta delle difficoltà con i regimi cinese e iraniano (ma non solo) e della politica dell’enciclopedia, che rifiuta qualsiasi compromesso sulla libertà dell’editing – mentre altri approntano i software della repressione: oggi là, domani, forse, da noi.
Filtri? Rischi che «una Spectre» (così Stella) ci metta le mani e chieda “il riscatto” agli utenti per accedere alle informazioni? No, replica Wales sicuro, almeno finchè gli Stati non mettono mano sulla rete fisica a monte. «Perfino Google, se provasse a bloccarci, verrebbe sopraffatto dalla concorrenza». Perchè l’utente vale, e sceglie. E i vandalismi, che hanno costretto a rivedere in parte la politica dell’accesso illimitato a tutti, “proteggendo” alcune pagine dall’editing selvaggio? Problema relativo, sotto controllo. Per Jimbo Wales «si pensava a Wikipedia come al Wild West, ma non è una vera anarchia, c’è dietro un gruppo di persone che agisce in modo ponderato».
A proposito: e di fronte ai “poteri forti” che “inquinano” gli articoli su temi "imbarazzanti"? Anche qui Wales risponde a tono: ci sono gli strumenti per “sgamarli” all’opera. Personale del Vaticano e di varie aziende è stato “pizzicato” nell’atto di modificare articoli, come pure la Cia. Sembra che i dipendenti di Langley, a quanto dice Wales, si divertano soprattutto a modificare le voci sulla musica pop, mentre dovrebbero invece lavorare, pagati dai contribuenti americani per tutelare (con le buone o con le cattive) l’American way of life. Chissà: un po’ di “cura Brunetta” potrebbe giovare loro. Forse.

– Si fa presto a dire "neutrale"
Un altro punto di discussione eterno è la neutralità che è un pilastro della buona fede wikipediana. «Si può essere neutrali su Hitler o Stalin?» chiede Stella. Verrebbe da aggiungere: si può essere distaccati rispetto alla civiltà cui si appartiene? Wales non si scompone. «Ci sono argomenti su cui c’è poca controversia». Ossia c’è un consenso di massa, con pochi dissenzienti le cui opinioni non vengono comunque messe a tacere. «In un articolo di Wikipedia non voglio leggere delle conclusioni, ma dei fatti su cui formarmi le mie di conclusioni». Filosofia wiki: è solo dal confronto e dall’onesta elencazione di fatti accertati e documentati che può sortire la verità. Che per Wales esiste. Civiltà Cattolica, secolare organo dei Gesuiti, accusava di relativismo l’enciclopedia, "rea" di saperne una più del diavolo. Ma il fondatore di Wikipedia non è un relativista: «Il vero e il falso esistono, e non tutte le opinioni esono egualmente valide».
Eppure i punti di vista vanno rispettati – e riportati. Come tali, non come i fatti in sé. Se lo capisse il giornalismo italiano, nessuno escluso, sarebbe una rivoluzione.

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Pubblicato il 20 Ottobre 2009
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