Rod Dudley, un australiano a Besozzo

Il pittore e scultore d'oltreoceano è ormai da 45 anni in provincia. E sabato 4 settembre terrà ad Angera la sua unica galleria annuale. Dopo una vita di successi fuori dal comune

L'auto di Rod DudleyA Besozzo non passa inosservato, non foss’altro per la sua “auto di rappresentanza”: un veicolo per pompe funebri, ridipinta con uno stile un po’ circense. «Avevo visto su un carro attrezzi un bellissimo carro da morto e me ne sono innamorato: sono andato dal demolitore a Buguggiate a vederlo. Aveva fatto solo 60mila chilometri, anche se aveva già 30 anni. Ho avuto problemi burocratici per ottenerlo, ma oramai mi ero incaponito: l’ho scambiato con una scultura. E’ bello e comodo, ma quando passo tra i paesi gli uomini mettono le mani tra le gambe… ».

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Rod Dudley è australiano ma vive da una vita alle porte di Varese, e qui trae ispirazione per le sue opere. Si definisce «La persona più contenta del mondo: magari non avrò avuto nella vita una carriera planetaria ma è una carriera che mi dà grande soddisfazione. Sa, mio padre era tenore e mi diceva che la cosa più importante del suo lavoro è che lo faceva divertire. Credo di avere imparato da lui: prima di tutto la soddisfazione».

Non è vero però che quella di Rod Dudley è una carriera “di piccolo cabotaggio” o limitata a una regione. «Qui in Europa ho iniziato con fare mostre a Milano, negli anni 70, poi ho cominciato a fare mostre con le gallerie d’arte tedesche. Ho sempre dipinto quadri, però sono innamoratissimo del legno e ho sempre continuato a realizzare sculture. Perchè ero insegnante di arte e falegnameria, in Australia, ma soprattutto perchè non ho mai avuto soldi. Un bel legno di cedro si può trovarlo in giro con pochi spicci perchè nessuno lo usa, ma è bellissimo per le sculture».

Rod DudleyVende in tutta Europa, ma il suo ricordo più strabiliante è sicuramente «La mia mostra a palazzo Grassi a Venezia. Erano i primi anni ‘80. Fiorella Mancini ha un negozio in campo santo Stefano a Venezia e ha sempre comprato sculture mie. A quell’epoca Palazzo Grassi stava passando di proprietà: dalla Snia Viscosa alla Fiat. Per un po’ di mesi così è stato “terra di nessuno” e lei ha deciso di “riempirlo. Mi ha proposto una mostra dal titolo “I dogi della moda – travestimento o realtà” per il carnevale. Una bella idea, ma mancava solo un mese e mezzo! Io lì per lì le ho risposto che non sarei riuscito a farle sei sculture in un mese e mezzo. Ma un giorno mi viene a trovare a Mestre il “Re di Venezia” di allora, Gianni de Michelis, e viene a dirmi che lo devo fare, a tutti i costi. Mi offre del vino, mi dà il libro sui dogi di Electa. Torno a casa continuando a dirmi: “no, non è possibile”. Qualche giorno dopo vado da Tai Missoni e anche lui mi dice: devi farla, la mostra. Morale: ne voleva 20, tutti i ritratti dei dogi in legno. Li ho fatti. E non le dico a quanto le ho vendute… Alcune sono ancora in campo santo Stefano, nella galleria di Fiorella: li vende agli omosessuali di tutto il mondo, alcune sono un po’ osè… Entusiasta del risultato, l’anno dopo, mi chiede di fare una mostra da lei su Fiat e futurismo: ma scoppiò tangentopoli e si rivelò una tragedia. Nel weekend in cui dovevo fare la mostra il marito della gallerista fu arrestato, il fratello si tolse la vita. Così presi le mie sculture e tornai a casa… Sono ancora tutte qui».

Dudley è in Italia dal 1965: «Sono arrivato a Sesto calende, ci sono stato un anno, poi mi sono trasferito in Inghilterra e poi mi sono rispostato in Italia, venendo qui».

Come mai la sua prima tappa è stata Sesto Calende?
«Avevo una casa a Sesto Calende perchè aiutavo Sangregorio, che aveva una casa lì. Un signore di qua, un collezionista, un giorno però mi dice:  «Ho una cascina, vieni a Besozzo». L’ho vista e sono rimasto. Io ero professore d’arte in Australia: me ne sono andato perchè nel mio paese non c’era posto per chi dipinge arte figurativa. Così sono venuto qui, dove ho trovato una grande libertà. In cascina e poi casa io sentivo la possibilità di fare quello che volevo. Non conoscevo nessuno, non avevo amici o un mercato che mi condizionava: semplicemente – era la fine degli anni 60 – ho cominciato a fare mostre E ho vinto un premio dato al san Fedele a Milano, dedicato ai nuovi artisti».

Lavora su commissione?

«No, mai! Alla mia età sono contento così: una sola mostra all’anno ad Angera. Un appuntamento con i collezionisti che mi seguono da anni. La prossima è il 4 settembre: come sempre allo studio d’arte liberty, sul lungolago. Muoversi in Europa con le proprie opere è diventato, anche burocraticamente, più difficile: l’Italia è l’unico paese in Europa dove non sei libero di circolare con le tue opere. Io ho ancora una scultura in Svizzera (a Zug) in Olanda (a Maastricht) e anche in America, che non mi conviene far tornare».

Come mai ha scelto di rimanere qui?
«Perchè mi ci sono innamorato. Io mangio il mio panino al lido di Monvalle e penso. Ci sto almeno un’ora o due al giorno. Con l’aiuto di una associazione di categoria ho anche potuto comprare quasi 400 metri del vecchio Cotonifico di Besozzo, dove posso entrare e lavorare come un eremita: non vedo nessuno e realizzo. Finito di pagare quello studio, ho comprato una piccola casa in Australia e vado là ogni dicembre per rimanerci fino a gennaio: faccio mostra anche lì, al mare, è in un posto splendido».

Nei momenti di crisi l’arte ne soffre?
«Mica tanto: succede qualcosa di strano, in questi casi. Nei momenti di boom ho avuto sempre vendite normali. Mentre quasi ad ogni crisi ho venduto sempre più di quello che mi aspettassi». Grazie forse anche a dei prezzi abbordabili per questo mondo: «Una scultura mia costa intorno ai 400-500 euro. Mica come Pedretti, che ne chiede trentamila….»

Rod Dudley
sabato 4 settembre
Studio d’Arte Liberty
Lungolago
Angera

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 31 Agosto 2010
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