L’agguato nel bosco e la pistola che sparò due volte
L'operazione antidroga dei carabinieri parte da un tentato omicidio nei boschi di Masciago. La stessa rivoltella spunta qualche mese dopo in un episodio a malnate
Quando si spara a bruciapelo a un rivale per la droga, vuol dire che il gioco si è fatto pesante. E che qualcuno prima o poi pagherà con la vita. Domenico Molino, accusato di tentato omicidio, voleva dare una lezione a un partner in affari poco affidabile, che gli doveva circa 5mila euro. Il pusher aveva perso la pazienza. E aveva organizzato una trappola, il 10 novembre 2009, programmando un incontro chiarificatore, via sms, con il “collega”, Giovanni Di Maio; era nero di rabbia e non ammetteva altre dilazioni. L’incontro avvenne in un boschetto a Masciago Primo. La vittima si portò due amici, ma quando vide arrivare Molino, da solo, si era tranquillizzò e chiese agli altri di lasciarlo parlare tranquillo. Un errore che poteva costargli la vita. Rimediò un colpo al fianco, secco. Di Maio se l’è cavata, grazie alla corsa all’ospedale di Cittiglio, ma è da questo agguato nel bosco che i carabinieri del reparto operativo di Varese, guidati dal pm Tiziano Masini, hanno iniziato un‘inchiesta che si è rivelata la più ampia, per impiego di uomini, degli ultimi anni: con 60 perquisizioni, decine di appostamenti e pedinamenti e un centinaio di assuntori segnalati. Altro che spari da un’auto in corsa (una scusa a cui nessuno ha mai creduto) qui c’era di mezzo un regolamento di conti.
La rete di spacciatori che gli inquirenti hanno colpito era, per così dire, satellitare, con diverse persone impegnate a comprare droga importandola dai valichi di Gaggiolo e Fornasette. Commercio al dettaglio e all’ingrosso. Si vendeva di tutto. Marijuana, hashish, ma anche eroina, cocaina, senza distinzione nel trattare tipi di droghe.
I 18 arrestati (ordinanza del gip Marzagalli) sono tutti, a vario titolo, indagati per detenzione e spaccio. Sono italiani, ma anche albanesi e marocchini. La loro piazza era Varese e dintorni. In particolare il quartiere di viale Belforte, zona dove i pusher aspettano i clienti tra le macchine in strada, o a casa. Appostamenti e pedinamenti, e poi il colpo: a febbraio i carabinieri bloccarono con 1 chili e 2oo grammi di droga proprio Domenico Molino. Ormai sapevano tutto. Ma cercavano la pistola. Una rivoltella senza padre, forse importata dalla Svizzera. La cercarono a casa di un muratore di 34 anni di Malnate, che risultava in rapporti stretti con l’arrestato, ma non la trovarono. Ci pensò lo stesso muratore a tradirsi: entrò in una ditta edile, a Malnate, perché voleva dei soldi dal titolare, e sparò un colpo su un muro dopo aver detto alla segretaria di spogliarsi. Una inutile bravata che permise ai carabinieri di ritrovare la pistola che scottava.
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