“Come la Grecia”, la crisi di un sistema

Intervista a Dimitri Deliolanes corrispondente dall’Italia per la televisione pubblica greca ERT. Da oggi è in libreria il suo libro, edito da Fandango

come la grecia deliolanesDa oggi è in libreria "Come la Grecia" (ed. Fandango), un libro che aiuta a capire il perché la crisi economica della Grecia rischia di allargarsi all’intera Europa. Scritto da Dimitri Deliolanes (nella foto), corrispondente dall’Italia per la televisione pubblica greca ERT, più volte intervistato in varie trasmissioni televisive nazionali. Varesenews gli ha rivolto, in proposito, alcune domande.

Corrado Passera (Intesa San Paolo) sostiene che salvare la Grecia sia, per l’Europa, conveniente oltre che facile. Condivide questa opinione?
«Ha pienamente ragione. È conveniente dal punto di vista economico ma soprattutto politico. Economico perché si eviterà l’inevitabile effetto domino che potrebbe coinvolgere paesi ben più importanti dell’eurozona, come l’Italia, la Spagna, la stessa Francia. Nel libro insisto molto sul fatto che il sostegno alla Grecia non è a fondo perduto. Si tratta di prestiti a tassi molto favorevoli, sul 5,5%. Quindi, vale la pena di investire sul salvataggio e sul pagamento dei tassi e del debito stesso, piuttosto che decretare il fallimento del paese con conseguente perdita di tutto. Ma è la parte politica che mi interessa di più. Si tratta di ovviare, seppure in grande ritardo, agli errori fatti quando fu sancita la moneta unica: creare un meccanismo di difesa dell’euro e dei paesi più deboli, andare avanti nell’unione anche politica, con una politica economica comune e un sistema fiscale comune».

Al contrario dell’ottimismo di Passera, Der Spiegel sostiene che l’Euro è morto?
«È una provocazione inutile e dannosa. La Germania ha difficoltà ad assumere la responsabilità che le spetta, di paese più forte dell’UE. Abbiamo assistito a un vero e proprio teatrino di dichiarazioni populiste, demagogiche, spesso piene di vecchi pregiudizi che credevamo morti e sepolti. Sono stato contento che i liberali tedeschi, protagonisti, insieme con certa stampa sensazionalista, di questa ondata di populismo, sono stati alla fine puniti alle elezioni regionali di Berlino. Gli elettori tedeschi hanno mostrato di avere compreso che la moneta comune favorisce lo sviluppo, apre mercati, è uno strumento importante di sviluppo. L’euro non è morto se noi decidiamo che non lo è».

L’economista Loretta Napoleoni suggerisce, come soluzione, un’uscita pilotata fuori dall’euro. È veramente una soluzione o si potrebbe fare qualcos’altro?
«Neanche questa soluzione mi sembra convincente. Alcuni economisti sembra che abbiano difficoltà a capire la portata politica degli attacchi che la speculazione muove contro l’euro. Qualsiasi cedimento rischia di provocare un terremoto. Faccio un’ipotesi: che il paese più piccolo dell’eurozona, il Lussemburgo, decida di uscire volontariamente dall’euro. Ve le immaginate le reazioni? Là fuori ci sono avvoltoi pronti a sbranare un’Europa indebolita».

dimitri deliolanesQual è stato l’effetto delle severe manovre di austerity messe in atto da George Papandreou per evitare il collasso della finanza pubblica?
«Devastante. L’economia greca è praticamente distrutta. Nel libro descrivo con abbondanza di particolari la centralità dello stato nel sistema economico greco. Ora si tenta di fare quello che si doveva fare già venti anni fa e che i due partiti al governo (i socialisti del PASOK e i conservatori di Nuova Democrazia) non hanno osato fare. Ecco perché il PIL è crollato a -5,6% quest’anno, ecco spiegato il tasso di disoccupazione al 16%, che è destinato a crescere. Inoltre, la troika (BCE, FMI e Commissione Europea) esige di fare cassa subito. Ma i sistemi fiscali greci sono da sempre inefficienti e non possono battere l’evasione. Per cui il governo è costretto a spremere i soliti noti: lavoratori dipendenti, pensionati, perfino i disoccupati. È stato colpito anche il settore privato liberalizzando i licenziamenti, pur di seguire l’assioma ideologico che questo avrebbe aumentato la competitività. Mentre invece proprio l’esempio tedesco ci insegna che la competitività si basa sull’innovazione tecnologica, non sui bassi salari. I ceti medi sono distrutti, la povertà è una realtà tangibile. Si spera solo che questa prova duri il meno possibile e che il paese riesca a risollevarsi al più presto».

Per quali ragioni l’Italia rischia di diventare come la Grecia?
«Più che l’Italia, direi che è il sud ad assomigliare di più alla Grecia. Perché là il settore privato è estremamente debole e tutto gira attorno allo stato. Con il conseguente clientelismo, corruzione, inefficienza. Il problema dell’Italia è l’enorme debito. Ma questo paese dispone anche di industrie private forti, con una presenza importante nei mercati stranieri. Partendo da questo si può affrontare il debito. Ci vuole volontà politica, capacità e credibilità. Ha ragione la Marcegaglia».

Ha descritto molto severamente i lavoratori statali. Per quale motivo?
«Lo statale greco è descritto in maniera molto particolareggiata nel libro. Lavoro da tanti anni alla radiotelevisione pubblica ERT. Quindi, li conosco piuttosto bene. Si tratta di personaggi che hanno avuto il posto pubblico in cambio del voto a uno dei due maggiori partiti greci. Di regola non sanno fare nulla. Sono di cultura molto sotto la media, evitano qualsiasi responsabilità, non si aggiornano, non hanno nessuna voglia di lavorare e disprezzano il cittadino. Anche quei pochi che vogliono lavorare, sono scoraggiati da capi che fanno carriera grazie a cordate politiche e dalla mancanza di qualsiasi meritocrazia. Per sistemare i clientes si sono creati posti di lavoro inutili (ora in via di abolizione), società costosissime e scarsamente produttive, servizi inefficaci. Ti riporto l’esperienza di mia moglie, disoccupata: mentre corre da un ufficio all’altro per certificare la sua disoccupazione, deve consolare signore che passano la giornata a guardare telenovelas in TV, che ora si lamentano perché rischiano di essere licenziate. È così in ogni servizio pubblico: dalla polizia, dove regna l’inefficienza e la corruzione, fino ai ministeri, ai Comuni».

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Pubblicato il 22 Settembre 2011
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