Fare l’artigiano significa costruire le cose con passione
Adriano Vignando fa il restauratore da oltre trent'anni. «Ci sono le ginocchia che fanno male e la burocrazia che ti schiaccia, ma concentrarmi sul mio lavoro mi fa star bene». Parteciperà ad Art-Art la mostra dell'artigianato artistico varesino
«Per me essere artigiano significa l’amore di costruire delle cose, anche in un periodo come questo, pieno di difficoltà. Ci sono le ginocchia che fanno male e la burocrazia che ti schiaccia, ma concentrarmi sul mio lavoro mi fa star bene. E la sera, quando vado a letto, sono stanco, è vero. Ma è una stanchezza piena di soddisfazione che prescinde dal danaro».
Quando Adriano Vignando risponde al telefono, dovrebbe essere in pausa pranzo. Invece è in una chiesa con un panino in una mano e gli attrezzi per restaurare le decorazioni nell’altra. Dopo oltre trent’anni di questo lavoro, non ha perso ancora la passione. Anzi, la passione è il vero motore della sua attività che richiede la sensibilità estetica dell’artista e le competenze racchiuse nel saper usare tecniche e soprattutto materiali in continua evoluzione. «Il restauratore lavora in equipe – spiega Vignando – . Quando restauriamo una chiesa, io e mia moglie, ci serviamo di tecnici di altre aziende che fanno analisi sofisticate delle superfici, ad esempio un affresco, e poi ci danno tutti gli elementi per l’intervento. La collaborazione con questi laboratori specializzati, che hanno strumenti molto costosi, è dunque fondamentale».
Il lavoro più grande che ha fatto è stato il restauro della Villa Reale di Milano, oggi Villa Belgiojoso Bonaparte, dove ha sede il Museo con la più grande collezione municipale di opere dell’Ottocento. Un restauro durato tre anni che è stato oggetto anche di un convegno. «È stato un lavoro complesso e lungo – racconta l’artigiano – realizzato con un insieme di collaboratori. Noi dovevamo gestire 12 mila metri quadri di superficie occupandoci delle decorazioni. È stata una grande soddisfazione».
Come tutti gli imprenditori in questi ultimi anni ha sofferto la crisi. È stato fermo per un po’ e poi ha ricominciato. Fare il restauratore vuol dire avere anche il gusto della scoperta. «Spesso quando fai il discialbo (togliere ndr) di un vecchio intonaco – precisa Vignando – magari risalente al periodo della peste, sotto la calce trovi cose straordinarie, elementi figurativi bellissimi che ogni volta mi lasciano con lo stupore che avevo da bambino per le cose nuove. Penso alla grandissima emozione che devono aver provato i restauratori degli affreschi della Cappella Sistina, dove nessuno si aspettava di trovare quei colori meravigliosi».
Vignando parteciperà per la prima volta alla mostra Art-Art che si terrà alle Ville Ponti il 22 e 23 ottobre prossimi. Porterà un quadro, assecondando così la sua sensibilità artistica. «Pensando all’Italia ho realizzato un albero della vita – conclude l’artigiano – perché concepisco il mio Paese come un corpo unico. Ci sono delle sfere che rappresentano le singole virtù, ma a ciascuna manca qualcosa. Quindi solo tutte insieme danno un senso di unità e la loro sinergia permette di raggiungere la completezza. È il mio augurio all’Italia».
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