Il declino del cervello? Inizia a 40 anni

Un gruppo di ricercatori londinesi ha scoperto che a quarant'anni inizia il declino cerebrale. Cosa vuol dire? Lo abbiamo chiesto al dottor Mauri, neurologo dell'ospedale di Circolo

L'invecchiamento del cervello inizia dai 40 anniUn gruppo di ricercatori dell’University College London ha scoperto che il cervello inizia a invecchiare a partire dai 40 anni, modificando la precedente teoria che indicava nei sessant’anni l’inizo del declino cerebrale. La notizia ha fatto il giro del mondo: il cervello perde il 3,6% delle proprie capacità all’arrivo degli “anta” e così prosegue nel suo declino.

Ma cosa vuol dire “invecchiamento del cervello”? Lo abbiamo chiesto al dottor Marco Mauri dell’Unità Valutazione Alzheimer, U.O. Neurologia  dell’Ospedale di Circolo, Varese.               
«Il cervello, come tutte gli organi (ad esempio i muscoli o gli  organi di senso) va incontro, a partire dai 30-40 anni, ad  un graduale processo di invecchiamento e le funzioni che esso presiede subiscono, a partire da tale età, delle modificazioni. Tali variazioni tuttavia avvengono  non in modo lineare: si riducono ad esempio  i tempi di reazione  mentre  le abilità linguistiche (come le prove di vocabolario relative alle nostre conoscenze semantiche) si preservano molto  più a lungo».

Ma se è vero che l’invecchiamento è progressivo con l’età, casi come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack sono casi eccezionali?
« All’interno di queste fisiologiche modificazioni vi è poi un’ampia variabilità con eccezioni come quelle da Lei citate dovute al fatto che l’entità e la velocità di questo declino dipendono sia da  fattori genetici  che da  fattori ambientali, legati ad esempio ai diversi  stili di vita. Il livello di istruzione o comunque il praticare attività/interessi intellettuali nel corso della vita può essere un fattore protettivo in quanto si crea a livello cerebrale una sorta di “riserva cognitiva” che può posticipare l’insorgenza della malattia».
Fare le “parole crociate”, dunque, può diventare un toccasana?
« Solo se si è appassionati. Voglio dire, è salutare qualsiasi attività che arricchisca e sia stimolante. Ogni attività culturale fatta con passione o lavoro fisico non ripetitivo che entusiasmi può avere effetti benefici sul cervello perché fornisce risorse ulteriore riserva di energia»
E c’è una dieta preferibile?
« Non esistono alimenti più indicati o meno. È però consigliabile porre attenzione al peso. L’obesità, per esempio, è uno dei fattori di rischio. Quindi il consiglio è quello di tenere sempre sotto controllo il peso».
Quindi, se controlliamo il nostro stile di vita fisico e mentale possiamo evitare gli effetti dell’invecchiamento cerebrale?
«Studi epidemiologici hanno dimostrato inoltre che il controllo, sin dall’età adulta,  di fattori di rischio vascolare (come ad esempio l’obesità)  può ridurre il rischio di demenza nell’età senile. Il meccanismo di queste malattie risiede quindi in  più fattori sia genetici che ambientali che ad un certo punto innescano una modificazione nell’aggregazione e nella deposizione di alcune proteine che determinano le lesioni osservate a livello cerebrale. Lo sviluppo di particolari metodiche   neuroradiologiche (ad esempio di risonanza magnetica) sta modficando le nostre capacità diagnostiche, permettendoci di individuare queste condizioni nelle sue fasi più precoci. Purtroppo però i trattamenti a disposizione sono ancora di tipo sintomatico, ovvero non sono in grado di arrestare i processi  patologici che sono alla base di queste  malattie». 

Ma quando l’invecchiamento da fisiologico diventa patologico?
«Quando questo declino, in genere nell’età senile, comincia ad interferire in maniera significativa sulle attività della vita quotidiana da fisiologico diventa patologico e può essere inquadrato nell’ambito di malattie conosciute come demenze, dove la Malattia di Alzheimer rappresenta la forma più frequente. L’età appare quindi un fattore di rischio per lo sviluppo di queste patologie, e il progressivo invecchimamento della popolazione spiega l’enorme impatto che queste malattie vanno assumendo, essendo divenute la prima causa di disabilità neurologica seguite, a distanza,   dall’ictus e dal M  di Parkinson. L’enorme diffusione di queste condizioni nella popolazione anziana ha reso necessaria l’istituzione di strutture dedicate a questa patologie, note come UVA (Unità  Valutazione Alzheimer), con lo scopo di porre il più correttamente possibile la diagnosi.e di instaurare le terapie ad oggi disponibili. Le UVA sono diffuse in modo uniforme sul territorio della nostra Provincia e, nel caso del nostro Ospedale, vi  si accede  dopo una valutazione specialistica da parte del  Neurologo, Geriatra  o Psichiatra».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Gennaio 2012
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