“Ichino, un incontro blindato”

Sinistra Ecologia e Libertà critica per la formula scelta per l'incontro con il giuslavorista, senza possibilità di dialogo tra l'ospite e il pubblico

Riceviamo e pubblichiamo

Ichino presenta il suo libro a Gallarate. In un’assemblea blindata.

Ichino scrive un libro sul lavoro, sulle riforme necessarie (o almeno che lui reputa tali). Si fa le domande e si da le risposte. Manco a dirlo ha ragione lui.

Un pezzo del PD, fra cui l’assessore alle attività produttive che presenta la serata anche nella veste, -lo afferma lui stesso- di assessore, organizza la presentazione. A intervistare il professore, un giornalista de Il Sole 24ore. A porre le domande solo interventi programmati. Tutti uomini e tutti di una certa età, benché naturalmente si parli dei giovani. Il mondo del lavoro, chi vive sulla propria pelle (nella carne e nelle ossa direbbe Vendola) l’esito delle proposte è escluso. E’ ammesso solo un breve intervento della CGIL, verso la fine, ma che sia veloce e per favore che non insista troppo su quell’impiccio dell’articolo 18, che pare ormai essere causa della crisi e del suo perdurare.

Una bella contraddizione per gli organizzatori che affermano di volere proporre un ragionamento aperto e che invece scambiano la parzialità delle proprie proposte per la verità assoluta, indiscutibile, insomma un vero e proprio ideologismo.

E così non è possibile domandare perché togliere il diritto a non essere licenziato senza giusta causa (perché si è iscritti al sindacato, perché si pretende che le leggi sulla sicurezza vengano rispettate, perché si denuncia una molestia sessuale) dovrebbe favorire l’ingresso del lavoro dei giovani. Non è possibile domandare se non appare una contraddizione, un po’ nascondersi dietro un dito, l’affermare che deve tornare la centralità del lavoro a tempo indeterminato quando nel contempo si trasforma quel contratto in un lavoro precario. Né si può chiedere come mai in Campania o in Calabria dove nessuno gode più dell’articolo 18, lo asserisce lo stesso Ichino, resti una insopportabile disoccupazione. Non è possibile chiedere lumi sulla proposta di diritto unico, che si sostanzia nell’abbassare i diritti al livello di chi meno ne ha. Una giustizia all’incontrario.

Né alcuna lavoratrice ha potuto chiedere se il modello scandinavo continuamente evocato che garantisce un’occupazione femminile decisamente diversa da quella italiana contempla i punti di quell’accordo FIAT, che ha trovato il sostegno del Professore, secondo cui parte della retribuzione è legata all’effettuazione di un certo numero di ore, dal cui calcolo sono esclusi i permessi retribuiti previsti dalla legge, come i permessi per l’allattamento o per la legge 104, che definisce i permessi per i lavoratori disabili o di chi si prende cura di disabili (attività di cura che quasi esclusivamente è di “spettanza” femminile).

Si è fatto attenzione che nessuno dei noiosi lavoratori con posto fisso potesse far notare che le banche concedono mutui solo a quei lavoratori condannati alla monotonia. E nessun precario ha potuto raccontare il brivido che si prova quando il contratto non è rinnovato. I giovani non hanno potuto scoprire se oltre ad un tetto di stipendio massimo si vuole definire anche un tetto minimo, spiegando la propria condanna a lavorare gratis per fare esperienza e imparare, come se 20 anni di scuola non fossero serviti a niente. Chiedere se il cambio di lavoro tanto facile in Scandinavia, dove pare che un operaio diventi giardiniere in 6 mesi, un professore carpentiere e una casalinga manager, prevede che i laureati debbano adattarsi ad un lavoro che non centra niente con quanto studiato. Se ciò non equivale ad affermare che è meglio cercarsi un lavoro subito senza “perdere tempo” per lauree, master, esperienze all’estero.

Anche non potendo interloquire nella serata, un consiglio lo vogliamo dare: è bene che la politica non solo parli di lavoratori, ma impari a parlare con i lavorati, che parli non solo di giovani, ma con i giovani.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Febbraio 2012
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