Un viaggio dentro la “trip-Art” di EdgaR

Paolo Monico in arte EdgaR racconta la sua arte e i suoi dipinti, arrivati dopo un percorso musicale. "Senza arte saremmo infinitamente anime più povere"

La visione onirica, il sogno, viene da sempre convertita in parola, immagine o suono per poter acquisire concretezza nel mondo reale. Spesso i sogni sono veri e propri miscugli di immagini e sensazioni che una volta riprodotte restano nel tempo in qualità di tracce del mondo interiore dell’artista. L’arte di Paolo Monico, in arte EdgaR, è un autentico viaggio in un’altra dimensione in cui la pittura diventa musica, la parola diventa sensazione che attraversa i cinque sensi con l’aiuto dei colori che a loro volta riproducono suoni a livello visivo. Ex chitarrista dei gruppi Wireds e Papa’s Special, responsabile del restyling del Victory Bar di Lodi, nel 2006 si immerge nella pittura con un risultato davvero originale, la ‘Trip-art’; una pittura dallo stile estremamente fluido che traduce le sensazioni in colori accesi e apparentemente dissonanti che si sciolgono in atmosfere oniriche e surreali, svincolate da un certo conformismo dogmatico. I suoi quadri mostrano sensazioni visive, paesaggi post-industriali, figure carismatiche come Jimi Hendrix o Vincent Van Gogh, dipinte nella loro essenzialità, animate e rinforzate dai colori della loro anima. Nonostante questo, EdgaR/Paolo, non dimentica la sua anima da chitarrista, dividendo il palco con Edda (uno dei suoi artisti preferiti) al festival Slam X al centro sociale Cox 18.

Paolo da dove nasce la tua passione per la pittura? Come mai la definisci Trip Art?
«Ho incominciato per “Negazione”, a un certo punto della mia vita, nel 2006, un po’ di persone per me importanti e che tra loro non si conoscevano, hanno incominciato a dirmi a turno che mi vedevano pittore o che vedevano in me doti pittoriche. Pensavo fossero pazzi, non avevo mai amato disegnare e comunque mi ero sempre ritenuto scarso nel disegno. Quando una tra queste persone si è spinta oltre e mi ha regalato un cavalletto ho deciso di prendere un po’ di tele e colori a istinto e fargli vedere che non ero capace. Pensavo:”…così la smetteranno…”. E invece, finito il primo quadro son partito subito con il secondo, poi il terzo, il quarto…non mi sono più fermato. Dopo pochi mesi il direttore artistico di un locale dove anni prima suonavo, ha voluto vedere le mie opere, ne è rimasto folgorato e ha voluto a tutti i costi organizzare la mia prima mostra. Continuava a sembrarmi strana la cosa, ma nello stesso tempo mi affascinava sempre di più. All’inaugurazione mi è stata proposta un’altra mostra in un altro locale, poi in un castello. Cominciavano a scrivere su di me e ad acquistare qualcosa, a propormi altre mostre. Ormai non potevo e non volevo più nascondermi! Il nome Trip-Art l’ho fatto mio (o rubato, se preferisci) dalla definizione che aveva dato una “fruitrice” delle mie opere quando le spiegavo come lavoravo prima della mia prima mostra. M’aveva chiesto di descriverle il mio lavoro e ritengo sia una delle domande più difficili a cui rispondere. Grosso modo le ho detto che mi piaceva lasciarmi libero di sperimentare, senza dogmi o vincoli sia nelle forme che nei colori. Oltre che nei temi e nei supporti, ovviamente…Per cui tela o legno a seconda dell’opera, acrilico, olio, pastello grasso, bomboletta senza alcun vincolo, magari anche nella stessa opera. È rimasta ad occhi spalancati e m’ha detto :”Beh, ma questa è Trip-Art!”. Odio le etichette e le definizioni, ma questa era proprio azzeccata…Trip-Art in libertà totale, visionaria, a tratti allucinata senza dogmi e in continua mutazione, movimento (questo l’ho aggiunto io ovviamente…)

A cosa ti ispiri?
«Come ti scrivevo prima, mi piace lasciarmi libertà totale, che sia una ricerca continua a 360 gradi fuori e dentro di me. Per cui ispirazioni e temi prendono forma nei modi più disparati: Un articolo, un libro un film, una canzone, un album intero, a volte una sola frase di un pezzo oppure il singolo fotogramma di un film… Non c’è uno schema ben preciso, dipende dai periodi, a volte anche dai giorni o dall’umore…» 

Crei ascoltando musica o immerso nel silenzio?
«Di norma creo nel silenzio totale, neanche musica di sottofondo, totalmente immerso nell’opera. Nello stesso tempo mi piace vivere la situazione diametralmente opposta, per cui di tanto in tanto faccio performance nei locali dove espongo con dj o gruppi che suonano mentre io dipingo e la gente che insieme alla musica entra nell’opera e nella mia mente, non so in quale ordine»

Quanto influisce la musica sulla tua pittura?
«La musica è parte preponderante della mia vita da sempre e quindi anche della mia Arte, che altro non è che la trasposizione di quello che sono, o almeno ci provo. Quindi non possono mancare rimandi musicali, citazioni, ritratti di artisti che mi rappresentano o mi “accompagnano” da sempre».

Hai qualche lettura che ha influenzato particolarmente il tuo percorso artistico e umano?
«Per me, da sempre, l’Arte è vita, che la si voglia chiamare pittura, musica, architettura, letteratura, poesia. E anno dopo anno credo sempre di più nella commistione tra generi, per cui non possono mancare influenze letterarie oltre a quelle che musicali, pittoriche, architettoniche ecc.ecc. nel mio vissuto artistico e non. Metto in cima i poeti maledetti, Baudelaire su tutti, poi da sempre Edgar Allan Poe. Heinrich Boll è un drammaturgo tedesco che a mio avviso ha scritto uno dei libri più belli di sempre (opinioni di un clown) Entrano tutti di tanto in tanto nella mia vita e nei quadri. Sicuramente anche Majiakovskji di cui ho anche qualche verso tatuato…»

Quali sono i tuoi idoli/artisti di riferimento?
«Ci vorrebbe un’intervista solo su questa domanda…! Metto sopra tutto e tutti Edda, sia come artista che come persona. E’ quello in cui mi riconosco di più, artisticamente, musicalmente e umanamente. Ho avuto la fortuna, l’onore di presentare il mio nuovo catalogo con un suo concerto per l’occasione, con proiezioni giganti retro palco delle mie opere durante la sua esibizione. Ho anche suonato quattro pezzi con lui in un centro sociale a Milano; INDESCRIVIBILE!!! I Clash per sempre e come Edda, da sempre. Ho una predilezione per Tricky, visionario, allucinato, geniale! Trip-Art anche perché suona come trip-hop, che divoravo e divoro…quindi anche i Massive Attack sono nei miei quadri come nella mia vita…. Basquait, Van Gogh come pittori, anche per le loro esistenze tormentate. Amo chi vive la sua arte, la sua vita fino al midollo e ci si esalta, si strugge, ci soffre, sta bene e male in modo viscerale. Vedo come Eroi quelle persone che stanno dalla parte dei più deboli, tra questi penso d’istinto a don Gallo e più in generale a tutti quelli che aiutano le persone in difficoltà».

Come mai hai scelto di chiamarti Edgar?
«EdgaR per una serie di motivi.  Lo ritengo un nome principesco, rimanda a Edgar Allan Poe che tanto è stato presente e poi perché cominciavo una nuova fase e volevo che l’attenzione si concentrasse su questo. Se avessi messo Paolo Monico, dalle mie parti avrebbero pensato al chitarrista degli Wireds o dei Papa’s Special. Volevo si creasse una fase nuova, per cui EdgaR (la “e” e la “r” maiuscole che racchiudono il tutto) e Paolo Monico tutto minuscolo, tutto attaccato e tra parentesi, a mo’ di sottotitolo o a dar maggior risalto a EdgaR»

In passato sei stato il chitarrista di ben due gruppi ,gli Wireds e i Papa’s Special. Che ricordo hai di quella esperienza?
«Sono state due esperienze significativissime. Con gli Wireds ho suonato per sette anni, fin da ragazzino e ci siamo tolti soddisfazioni immense nel lodigiano. Suonavamo in locali dove da clienti non potevamo nemmeno entrare perché troppo giovani…Avevamo venduto mille copie di una cassetta autoprodotta senza un minimo di pubblicità e tutt’ora mi capita di esser fermato da gente che mi ringrazia o mi chiede perché non ci riformiamo…Sembrava potessimo andare lontano….
Anche con i Papa’s Special è stato bellissimo, avevamo un contratto con un’etichetta indipendente e si girava abbastanza…Fillmore, Buddha, il Live a Trezzo d’Adda…Non eravamo famosi ma siam riusciti a suonare per cinque anni in posti importanti e ad avere un bel seguito tra Lodi, Crema ,Cremona e Piacenza».

L’arte può migliorare una persona? Può essere una terapia?
«Credo che l’Arte sia fondamentale. Non ho la presunzione di sapere se è terapia, se è sempre migliorativa. Di sicuro è un arricchimento ,con milioni di sfaccettature. Poi dipende da come uno la vive, la interpreta, come uno “si vive”. A volte è sofferenza, maledizione, altre esaltazione, viaggio alla ricerca di sé. Quello di cui son sicuro è che senza Arte saremmo infinitamente anime più povere».


Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 14 Gennaio 2013
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.