Gli artigiani si tengono stretti i lavoratori più anziani

L'indagine sul mercato del lavoro dell'ufficio studi di Confartigianato rivela una realtà preoccupante: i dipendenti con età compresa tra i 19 e i 25 anni calano del 42%. Le imprese tengono in azienda i lavoratori dai 56 anni insù con contratti a tempo indeterminato. Crollano i contratti a tempo determinato e di apprendistato. Non c'è ricambio generazionale

La fotografia del mercato del lavoro in provincia di Varese fatta dall’Ufficio Studi dei Confartigianato imprese Varese è precisa e preoccupante, soprattutto per la condizione dei giovani. L’indagine, che  il responsabile dell’area sindacale, Giulio Di Martino, definisce «chirurgica», è uno spaccato reale di quanto sta accadendo all’interno delle micro e piccole aziende della provincia di Varese.  Del resto un gruppo campione costituito da 2.143 imprese, appartenenti a 14  settori, per un totale di 12.770 lavoratori, è un osservatorio più che privilegiato. «Non abbiamo fatto un’indagine telefonica – spiega Di Martino– ma abbiamo estrapolato i dati direttamente dai cedolini delle paghe e da lì non sfugge nulla».

In questi 4 anni di crisi, sono i giovani ad aver pagato il prezzo più alto: il calo sensibile delle asssunzioni e la scelta degli imprenditori di tenere in azienda il personale con più anzianità (dai 56 anni insù) e con più esperienza, ha fatto sì che i dipendenti con età compresa tra i 19 e i 25 anni si sia ridotto del 42%, percentuale che sale all’81% per i lavoratori fino a 18 anni di età. Naturalmente i più penalizzati sono stati gli operai comuni, quelli senza una specializzazione.
Calano i contratti di apprendistato (-36%), crollano quelli a tempo determinato (3,9%), mentre tengono quelli a tempo indeterminato (96,1%) e a tempo pieno, perché, come si diceva, gli imprenditori artigiani cercano di non perdere i lavoratori presenti in azienda da più tempo. Manca dunque un ricambio generazionale. «Nelle imprese artigiane ci sono le migliori competenze – spiega Mauro Colombo, direttore di Confartigianato imprese Varese – purtroppo da una parte c’è la riforma del mercato lavoro che è troppo rigida e quindi allontana le giovani professionalità, dall’altra c’è la crisi che taglia fuori le giovani generazioni fondamentali per il futuro e la continuità delle imprese. Il risultato è una perdita di produttività perché i giovani sono dinamici, portano intelligenza e competitività. Alla fine il  rischio è che non ci sia più il trasferimento di conoscenze e competenze, ma soprattutto un adeguamento delle stesse ai cambiamenti del mercato».
Per un artigiano assumere un giovane apprendista è un investimento perché impegna il suo tempo a formarlo e a farlo crescere professionalmente. La mancanza di questo passaggio avrà certamente ripercussioni anche sull’industria che spesso pesca i propri collaboratori, già formati, dal mondo artigiano.
Se si sposta l’obiettivo sui singoli settori è il tessile-abbigliamento il più penalizzato in termini occupazionali (-25,2%), a seguire l’edilizia (-20%) e la meccanica di produzione (-16,1%). 
Un altro dato significativo della difficoltà delle imprese artigiane è l’utilizzazione della cassa integrazione in deroga: nel settore metalmeccanico il maggior utilizzo si è avuto nel terzo trimestre del 2009 con il 10,3% , il minor utilizzo nell’aprile del 2011 con il 5,1%. Invece, nel tessile, in crisi da 30 anni, nel 2009  un’azienda su 4, il 25%  del totale, ha utilizzato l’ammortizzatore sociale, e dopo una flessione all’inizio del 2011, l’utilizzo ha ricominciato a crescere come all’inizio della crisi. 
I dati elaborati dal Centro studi di Confartigianato sfatano un altro falso mito non secondario rispetto alle tensioni sociali generate dalla crisi:  il 92,1 % ( dato al dicembre del 2012) dei lavoratori impiegati nelle imprese artigiane sono italiani, solo il 7,9  stranieri

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Marzo 2013
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