Per salvare Sea Handling si punta sul ricorso europeo
La Sea conferma che l'azione giuridica per sospendere il pagamento di 360milioni di euro è la via maestra. La vendita della società di handling? "Rimane il piano Z, l'ultima opzione"
«Lavoriamo all’azione giuridica per evitare la maximulta. La vendita di Sea Handling rimane non il piano B, ma il piano Z, l’ultima opzione». Lo ribadisce in modo netto il presidente di Sea Giuseppe Bonomi, nei giorni in cui molto si dice e si scrive sul destino di Sea Handling, la società che si occupa di servizi di terra a Malpensa e Linate. La situazione, ripetono in Sea, è delicata e le indiscrezioni degli ultimi giorni (pubblicate dal Messaggero e poi smentite dalla stessa Sea) hanno reso ancora più agitate le acque, dopo le manifestazioni dei giorni scorsi.
Ma cosa sta facendo Sea, mentre anche i sindacati e la politica chiedono al gestore aeroportuale e al governo di Roma (c’è ancora un certo dottor Mario Monti) risposte?
Sea Handling è a rischio fallimento per il pronunciamento della Commissione Europea che impone alla società di restituire 360milioni di euro ricevuti nel decennio appena trascorso da Sea: la Commissione li considera aiuti di Stato e ha chiesto dunque la restituzione. La somma metterebbe ko Sea Handling, non solo nell’eventualità che i soldi debbano essere realmente restituiti, ma anche solo nell’ipotesi che si debba iscrivere a bilancio un accantonamento preventivo in vista dell’esito del ricorso. Sì, perchè contro la decisione sono stati presentati tre ricorsi, come ricostruisce il presidente Sea Bonomi. Cosa ha fatto Sea fino ad ora? «Abbiamo cercato – e in parte riusciti – di fermare l’orologio». Un’azione condotta direttamente e anche cercando sponda con lo Stato. «I ricorsi sono stati presentati da Sea Handling il 15 marzo, dal Comune di Milano il 18 marzo, dallo Stato Italiano il 4 marzo».
In genere l’esito dei ricorsi richiede circa due anni, dunque nel frattempo ci si muove anche con una istanza cautelare per sospendere l’esecutività, evitando dunque l’accantonamento dei 360 milioni e il fallimento. SeaH ha presentato l’istanza il 18 di marzo, il Comune di Milano (principale azionista) ha fatto istanza ulteriore, mentre il Governo Italiano ha presentato una adesione alle istanze cautelari già presentate. Se accolta, l’istanza cautelare “congelerebbe” la vicenda per un certo tempo, consentendo di cercare almeno altre vie. «Fermare l’orologio», appunto. Ma in Sea si guarda a questa istanza anche per un altro motivo: secondo il gestore aeroportuale, un pronunciamento favorevole in questa prima fase potrebbe essere un elemento favorevole anche per trattare nel merito sulla “maximulta” europea.
Quanto alla società Sea Handling e al suo futuro, i vertici di Sea ritengono che la società, in sè, sia più che solida e competitiva (detiene una larga quota dei servizi di terra a Malpensa e Linate). Detta in modo banale: Sea Handling non rischia per come è messa oggi, ma per come era messa in passato. «In passato i gestori aeroportuali si sono disfatti delle loro società di handling: ADR a Roma l’ha fatto nel 1999», vale a dire ai tempi della liberalizzazione del mercato dei servizi aeroportuali. «Noi abbiamo fatto scelta in controtendenza non dismettendolo. Abbiamo scommesso su mantenimento, immediatamente a valle del dehubbing: l’attività allora perdeva 50 milioni di euro l’anno». Nell’arco degli anni la società è stata portata «quasi al pareggio di bilancio»: «Abbiamo ridefinito perimetro aziendale, trasferendo servizi al gestore Sea. Abbiamo definito processi organizzativi più produttivi: l’assenteismo era al 10%, l’abbiamo ridotto; abbiamo applicato mobilità ma senza fare macelleria sociale».
Sotto lo slogan “un’unica Sea” i sindacati hanno avanzato l’idea di un assorbimento della società di Handling nella società-madre Sea: una «strada non percorribile», secondo Bonomi. «Nella riunione con la Commissione Europea ci è stato detto che sarebbe stata una elusione del provvedimento» (che impone appunto la restituzione dei 360 milioni a Sea). Quello sulla fusione Sea-Sea Handling – dice il gestore aeroportuale – sarebbe un divieto imposto direttamente dalla Commissione e quindi non negoziabile, specie nell’immediato.
E la vendita ad un operatore privato, come la pluricitata multinazionale Menzies Aviation? Per ora è solo una ipotesi, visto che secondo il gestore aeroportuale la cessione deve essere approvata dalla Commissione Europea e dovrebbe prevedere una discontinuità economica (la nuova società non dovrebbe prendere in carico tutti i servizi SeaH, nè tutto il personale, con contratti diversi ). Tutti elementi che, nel caso, sarebbero da negoziare con la Commissione Europea e che fanno dire a Bonomi che «non è una strada, ma un sentiero». Per questo la cessione rimane «l’opzione Z, l’ultima di tante possibili». Quanto alle indiscrezioni su Menzies, Bonomi dice anche che la trattativa con Menzies non c’è mai stata, ci sono stati solo contatti a gennaio (che hanno coinvolto solo i livelli operativi, non i vertici aziendali), anche se ammette che un operatore di grandi dimensioni come Menzies sarebbe un interlocutore di primo piano nel caso di una vendita. E nel caso di una vendita, Bonomi dice anche che «se ci fossero esuberi da SeaH, non lasceremmo per strada nessuno, non ci saranno espulsioni dal mercato del lavoro», ma si interverrebbe con assunzioni in nuove società da attivare nel gruppo. Per ora, comunque, l’attenzione è tutta focalizzata sul «piano A», l’azione giuridica, il ricorso e l’istanza sospensiva della “maximulta”.
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