Ripartiamo dalla Caserma Garibaldi

In molte città europee la cultura ha permesso di dare una nuova vita a edifici e quartieri. L'analisi di Jessica Silvani, esperta in progetti e politiche culturali

Sono più di duecento le proposte che i nostri lettori hanno avanzato sul futuro della Caserma Garibaldi attraverso i commenti e la pagina di Facebook di VareseNews. Idee di ogni genere tra le quali si ripetono le visioni di chi vorrebbe un teatro o un nuovo spazio verde nel centro della città. Sulla questione è intervenuta anche Jessica Silvani, esperta in progetti e politiche culturali: «Crolla la Caserma Garibaldi. E politici, amministratori, ma anche cittadini e stampa, tornano a vedere quello che è da tempo sotto i loro occhi: l’implodere di un pezzo di storia gravemente compromesso. Assieme alla piazza adiacente la caserma porge da anni a cittadini e turisti un pessimo sguardo sulla città, offrendo, sfortunatamente, un esempio di come i vincoli sul patrimonio talvolta, anziché stimolare la tutelare, condannino all’immobilismo. Ma è anche l’ennesimo esempio dell’abitudine tutta italiana a procedere per emergenze, intervenendo laddove e quando le scelte non sono più procrastinabili, anzi si impongono. E per la Caserma Garibaldi, pare, a questo punto non potrà che esserci che demolizione».

Secondo l’esperta «la mancanza di abitudine alla programmazione, e alla verifica, nel processo di policy making è un tristemente riconosciuta caratteristica nazionale in tutti i settori e a tutti i livelli, tanto più vera in tema di politiche culturali, ambito in cui nel nostro Paese sono più spesso i soggetti che i progetti a essere scelti e premiati. È senza dubbio una situazione di lungo corso, e i dati frammentari, le analisi discontinue e gli scarsissimi interventi valutativi condotti non possono che essere un fondamento inadeguato per la costruzione di una politica culturale organica e la realizzazione di interventi efficaci, efficienti ed equi, capaci di portare a risultati. In più la crisi economica globale, che in pressoché tutti i Paesi europei ha imposto una più attenta gestione e pianificazione della spesa pubblica in cultura, In Italia ha in qualche modo giustificato e realizzato una prospettiva di continui tagli e ribassi anziché di riforma del sistema e investimento».

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Cosa accade all’estero? «In Europa – prosegue Jessica Silvani – neglianni passati (programmazione 2007/2013) la cultura, o meglio il comparto culturale, era espressamente citato solo nell’ambito dell’Obiettivo convergenza dei Fondi strutturali e il potenziale della cultura come fonte di innovazione sociale, o il suo contributo alla riqualificazione urbana, non trovano alcuno spazio e menzione. Tuttavia, in un moto dal basso, le autorità locali di molti territori europei hanno adottato una visione lungimirante, integrando l’elemento culturale nelle politiche di sviluppo regionale, perché considerato importante fattore di attrattività. E così se ufficialmente dei 347 miliardi di euro distribuiti, ai fini della politica di coesione, negli anni 2007/2013 circa 6 miliardi sono stati spesi a beneficio della cultura, come riporta lo studio Use of Structural Funds for Cultural Projects commissionato dal Parlamento Europeo si tratta, quasi certamente, di una sottostima, poiché nell’ambito dei Fondi strutturali molti progetti attinenti alla cultura risultano di fatto finanziati sotto altri capitoli di spesa. Come l’innovazione o il sostegno all’imprenditorialità. Accade, infatti, che al centro delle politiche locali, regionali e nazionali di sviluppo di molte regioni o città siano stati posti elementi culturali, e la cultura sia stata integrata in altre politiche pubbliche, a esempio finalizzate a:
– sviluppare l’imprenditorialità creativa e il talento, come nel caso del Tartu Centre for CIs, fondato nel 2009 dal Comune di Tartu, in Estonia. Si tratta di un centro deputato al coordinamento delle industrie creative, cui fornisce informazioni, formazione, consulenza legale ed economica, servizi di incubazione di impresa (con un budget totale è di quasi 600 mila euro parte del quale è finanziato dal FESR, mentre il co-finanziamento da parte della città è stato di circa 50 mila euro);
– promuovere sinergie tra cultura e creatività e altri settori, come il Budafabriek Kortrijk in Belgio, spazio di produzione per artisti e creativi ospitato in una ex fabbrica tessile e finalizzato a promuove la creazione di reti e nuovi progetti. Originariamente, il piano era quello di creare un museo d’arte, ma la scelta di destinarlo a luogo di lavoro e creazione ha già portato risultati, certamente in termini di visibilità e partecipazione (il progetto è costato 2,8 milioni di euro, di cui circa 700 mila euro spesi dalla città, 1 milione di euro finanziati dal FESR, altrettanti da parte del governo delle Fiandre il resto cofinanziato da sponsor).
– rivitalizzare quartieri e con ciò l’immagine delle città , come nei casi del Quartier de la Création a Nantes, progetto che ha reinventato la città creando connessioni e nuove attività nella ex zona industriale concependo i progetti culturali come un passaggio necessario per la costruzione di un ecosistema atto a promuovere la nascita di PMI nei campi dei media e della cultura (Nantes Métropole ha beneficiato di finanziamenti attraverso numerosi progetti e programmi: 2,7 milioni di euro nell’ambito di REVIT, sulla ristrutturazione di siti industriali, 3,7 milioni dei euro nell’ambito di ECCE Innovation, sulla creazione di posti di lavoro in industrie culturali e creative, circa 9,2 milioni di euro provenienti dal FESR (2007-2013) e connessi a investimenti di tipo culturale, come le nuove strutture Ecole des Beaux Arts o La Fabrique nel Quartier de la Création), o il celebre caso di Temple Bar a Dublino.
Sebbene anche la politica di coesione 2014-2020 non riconosca adeguatamente il potenziale della cultura e il suo ruolo nel sostenere lo sviluppo economico e l’inclusione sociale, nel documento di accompagnamento Documento di Lavoro dei Servizi della Commissione – Elementi di un quadro strategico comune 2014 – 2020 per il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca è chiaramente ripreso il collegamento tra cultura e ambiti strategici quali innovazione, competitività, sostenibilità ed educazione già avanzato a livello europeo nel programma Europa Creativa, di cui sono stati recentemente pubblicati i primi bandi. L’infausto epilogo della vicenda della Caserma Garibaldi potrebbe diventare un nuovo punto di partenza per la città».

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Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Gennaio 2014
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