A Gaza c’è bisogno anche del Pimpa

Dall'inizio di agosto, Marco Rodari, naso rosso dell'associazione "I colori del sorriso", si trova a Gaza City. Il suo compito è quello di riportare il sorriso nonostante il dolore e la rabbia


È tregua a Gaza. Un difficile, delicato accordo è stato raggiunto e mette fine a giorni terribili di dolore e morte. Le armi tacciono ed è tempo che il Pimpa entri in azione. Con il suo “naso rosso” si trova dal 2 agosto scorso in Palestina, ospite dell’unica parrocchia cristiana di Gaza City. Non è la prima volta che porta la clown terapia in Medio oriente: per lui è un appuntamento fisso perchè da anni crede nel valore del volontariato.  Marco Rodari, leggiunese, fa parte dell’associazione "I colori del sorriso"impegnata nella clown terapia nei reparti pediatrici ma anche terminali degli ospedali.

Marco a luglio era a Gerusalemme, impegnato nelle corsie dell’ospedale St. Josef, dove  arrivavano adulti e bambini straziati dalle armi : « Ogni  volta che si apriva lo sportellone dell’ambulanza non sapevi cosa aspettarti: uscivano fanciulli senza una gamba, senza un braccio o con qualche altra parte di corpo spappolata».  Poi, ad agosto, è arrivato il visto per poter attraversare il valico di Erez ed entrare a Gaza.
Da allora ha vissuto sotto i ripetuti attacchi: «
Vivo letteralmente alla  giornata. Cercando di cogliere ogni  occasione possibile per portare un po’ di gioia alla popolazione. Mi occupo fondamentalmente del sorriso dei bambini, a volte perso, a volte scordato, ma mai dimenticato sino in fondo… Basta una piccola magia e si riaccende la fantasia del bimbo e con quella luce si ritorna subito ad essere felici. Un bimbo di 6 anni nato a Gaza ha già vissuto 3 guerre devastanti, senza contare la vita quotidiana in quella che e’ una prigione a cielo aperto».

Il "Claun Il Pimpa" è molto conosciuto anche nelle pediatrie degli ospedali di Varese e Busto: « Stare tra i bambini ammalati ma anche tra i malati terminali è sempre difficile – racconta Giogi, la presidente dell’Associazione – Portare leggerezza a chi vive un dramma non è semplice ma la gratitudine che ne riceviamo ci ripaga di tutto. Quello che sta vivendo Marco con questa esperienza, però, è ancora più doloroso e forte di quanto possa apparire. La guerra stravolge ogni cosa».

Secondo Marco, però, non c’è luogo, non c’è disperazione che non meriti attenzione: «il clown permette al bambino di evadere, sempre con la fantasia, purtroppo solo per un tempo breve, da questa prigione. Parallelamente a questo impegno porto avanti dei corsi di magia-clown per adolescenti ed adulti, così che loro possano continuare nell’opera claunistica quando io tornerò a casa. Ogni bambino è come un grande fuoco, le macerie della guerra possono coprire la fiamma, ma non riusciranno mai a soffocare la brace. Ed è proprio così, appena entrato in Gaza ho avuto subito l’occasione di fare uno spettacolo con tanti bambini. È bastato soffiare via le macerie con una piccola magia e tutte le fiammelle hanno ricominciato subito a sorridere».

Magie, clowneria, giocoleria, è importante aver la possibilità di evadere dalla realtà: «Io sto molto bene – afferma Marco – direi che, nonostante le condizioni difficili, sono felice perché vivo questi momenti vicino a miei carissimi amici; in questo momento non cambierei la piccola parrocchia della sacra famiglia di Gaza city con nessun altro posto al mondo. In guerra i sentimenti sono estremi, la rabbia è fortissima, i volti di questa povera gente sono stravolti dalla stanchezza, ma esiste ancora una speranza, più forte della stanchezza. Mi chiedo ancora una volta dove trovino la forza per ricominciare. Ogni essere umano che vive qui dentro ha avuto una perdita estremamente dolorosa, c’è chi ha perso la mamma, chi il papa, chi un figlio, un amico. Su cento persone, una mediamente è rimasta ferita in modo grave; un sesto della popolazione ha perso la casa, 2000 hanno perso la vita… 476 bambini. Il tutto, in poco più di 30 giorni».

Ora, con la tregua, il suo impegno è raddoppiato: risponde a ogni chiamata pur di restituire lievità a grandi e piccini. Il palcoscenico è la strada, ma anche una scuola o il salotto di una casa. Nelle tre scuole gestite dal patriarcato Latino di Gerusalemme  e nella parrocchia della sacra Famiglia c’è molto lavoro da fare. Non c’è tempo per riflettere: in guerra tutto scorre via rapidamente. Il clown va in scena e deve riportare il sorriso. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Agosto 2014
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