Il cibo non si spreca. Si dona
Il centro Gulliver, in collaborazione con il Banco Alimentare e la parrocchia della Brunella, fungono da tramite tra il cibo in eccesso di scuole e aziende e le mense dei bisognosi
Oggi, giovedì 5 febbraio, ricorre la giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Le cause? Senza dubbio alcune cattive abitudini, come emerge dal sondaggio condotto da MDC, il Movimento di Difesa del Cittadino. Dai dati risulta che oltre il 46% non controlla regolarmente le scadenze e circa la metà del campione va al supermercato solo una volta a settimana. Eppure è possibile evitare di gettare beni che possono ancora tornare utili a qualcuno, sempre nel rispetto delle norme sanitarie.
Cosa si fa, quindi, in provincia per rimediare al problema dello spreco alimentare? A Varese opera il Centro Gulliver, che collabora con il Banco Alimentare, nel progetto Siticibo, a cui si è aggiunta anche la parrocchia della Brunella, con Don Marco Casale. L’obiettivo è redistribuire il cibo in eccesso da scuole o aziende alle mense dei poveri del territorio varesino. Si consegnano maggiormente primi, secondi e contorni, già cotti, negli appositi contenitori, rispettando le norme legislative in termini di igiene. L’iniziativa si basa sul contributo dei volontari, di cui il Centro è alla ricerca per continuare a ritirare e consegnare gli alimenti.
Rispetto al 2013 si è registrato un aumento delle associazioni benefiche che usufruiscono del servizio, ma nello stesso tempo una contrazione delle aziende donatrici. Di conseguenza, a fronte di un ampliamento della rete, non è corrisposta un’adeguata disponibilità di cibo, che è diminuita nell’ultimo anno.
Ma il recupero degli alimenti in eccesso può essere definito adeguato? Ci risponde lo stesso Don Marco Casale, responsabile della Caritas provinciale: «Possiamo definirlo adeguato, anche se naturalmente c’è ancora un margine di miglioramento per evitare gli sprechi. Per esempio noi raccogliamo anche i prodotti che magari sono posti in confezioni difettose, ma che comunque garantiscono la qualità degli alimenti. Noi ci proponiamo di garantire alle aziende donatrici la certezza di responsabilità, continuità e rapidità nella consegna»
La sensibilizzazione deve coinvolgere innanzitutto i singoli nuclei famigliari, che devono abbandonare le cattive abitudini, come per esempio fare una spesa troppo abbondante, non centrata sui bisogni, soltanto una volta a settimana. Si consideri che ben il 10% della popolazione italiana (circa 6 milioni) si trova in condizioni di povertà. Ciò accade soprattutto nelle grandi città dove il tasso di indigenza è maggiore.
Questa iniziativa è sufficiente a sfamare tutti i bisognosi?
«Considerando le numerose realtà che danno un aiuto concreto ai poveri, come la Caritas, il Banco Alimentare e la Croce Rossa, verrebbe da rispondere di sì. È anche vero che l’obiettivo è quello di creare una rete più fitta di collaboratori e donatori, già in parte promosso dal Comune di Varese con l’ideazione di una Rete Cibo e l’apertura di un emporio solidale. Se da una parte si fa molto, dall’altra c’è ancora un grosso margine di miglioramento per ridurre al minimo gli sprechi».
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