Parmesan e palenta. Con la globalizzazione il marchio va tutelato

Un incontro organizzato dalla scuola di diritto della Liuc con un moderatore d'eccezione, il professor Giuseppe Sena, un vero luminare in materia di marchi

Liuc generico

Costruire un’identità in comunità sempre più liquide, globali e mobili è una delle sfide più difficili di questa epoca. La difficoltà è legata alla necessità di condividere valori, storie ed esperienze che ridefiniscono il perimetro dell’esistenza di ognuno di noi, anche nell’economia, dove locale e globale sono sempre più interconessi e i loro limiti sempre più difficili da individuare. Se si parla di marchi di impresa, per esempio, è evidente che la loro tutela passa attraverso la capacità del legislatore di definire giuridicamente quel perimetro. Compito tutt’altro che semplice perché alcuni marchi, apparentemente forti, esprimono  un’intrinseca debolezza nel loro “esasperatolocalismo, difficile se non impossibile da proteggere non appena si varca il confine italiano. I casi “parmesan” (formaggio parmigiano reggiano) o “palenta” (polenta), nella versione storpiata americana, rappresentano non solo esempi di ibridazione di marchi famosi italiani, ma anche, come scrive il visionario Piero Bassetti in “Svegliamoci italici” (Marsilio), il passaggio epocale dal Made in Italy al Made by italics. 

La Scuola di diritto dell’Università Liuc di Castellanza, diretta dal professor Alberto Malatesta, ha affrontato il tema delle novità in tema di marchi di impresa nel primo di una serie di incontri dedicati alla proprietà intellettuale e industriale. Un debutto in grande spolvero considerato che a moderare l’incontro è stato chiamato Giuseppe Sena, emerito di diritto industriale dell’Università degli Studi di Milano, un vero luminare della materia. «La mia impressione è che il tema del marchio d’impresa sia diventato così urgente e di stretta attualità – ha detto Sena – perché da una parte c’è una pressione mediatica e pubblicitaria enorme, soprattutto della televisione, cosa che tempo addietro non c’era; dall’altra, perché la globalizzazione ne ha necessariamente amplificato il dibattito giuridico».

Il caso Fiorucci e la tutela del marchio– Uno dei casi più famosi, relativo alla confusione che si può generare tra marchi quando si usa il proprio nome, è stato quello dello stilista Elio Fiorucci, che cedette il suo marchio con il patronimico ai giapponesi della Edwin International spa. Lo stilista milanese ne aveva poi registrato uno nuovo, contenente sempre il suo nome: “Love Therapy By Elio Fiorucci”, operazione che gli era costata una lunga causa civile conclusasi con una sentenza sfavorevole della Corte di Cassazione. «La protezione del marchio – ha sottolineato Fiorenzo Festi, ordinario di diritto civile alla Liuc – è indispensabile per evitare la concorrenza sleale. La battaglia sulla protezione dei marchi è in ritardo, un vero problema in un’economia globalizzata dove ci sono copiatori formidabili come i cinesi, perché la debolezza di alcuni marchi dipende proprio dalla loro estrema localizzazione».

Una morale c’è – «Il caso Fiorucci – ha concluso il docente della Liuc – una morale però ce l’ha: in questo tipo di rapporti prevale la clausola generale di correttezza e buona fede. Quindi se hai creato un marchio con il tuo patronimico e poi lo cedi ad un prezzo congruo puoi ancora utilizzare il tuo nome con riferimento descrittivo alle tue attività professionali, ma solo a condizione che non si produca un effetto di agganciamento e di confusione».

La nuova direttiva europea – In tema di marchi, il 23 e il 24 dicembre del 2015 sono entrati in vigore la nuova direttiva europea e il nuovo regolamento. «Il marchio non sarà più “comunitario” ma “europeo” – ha spiegato Silvia Giudici, professore associato di diritto industriale dell’Università degli Studi di Milano -. La domanda andrà fatta all’Euipo (Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, ndr) e non più all’ufficio nazionale».  Con la Brexit si porrà anche il problema di sostituire la sede londinese del Tribunale unificato dei brevetti. Milano è pronta a candidarsi ma dovrà vincere la concorrenza degli olandesi.

(nella foto, da sinistra: Alberto Malatesta, Giuseppe Sena, Raffaella Manzini, Fiorenzo Festi, Francesca La Rocca, Silvia Giudici)

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 27 Ottobre 2016
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