Riposa in pace, Rodolfo

Nella chiesa di san Pietro in tanti hanno voluto salutare "il Mantegazza", protagonista un'ultima volta della piazza della città

gallarate generico

C’erano le signore della parrocchia e c’erano gli amici di bevute, i commercianti che lo conoscevano da sempre e quelli che gli allungavano una sigaretta o gli offrivano un caffè. Tante persone diverse, per salutare Rodolfo, «il Mantegazza».

Persino don Ivano Valagussa, nell’omelia, l’ha chiamato con affetto con uno dei tanti soprannomi.  A volte nati per imitazione del suo repertorio noto, che oggi tanti ricordano («…e vai!») e che forse alcuni usavano per chiamarlo, senza neppure sapere quale fosse il suo nome di battesimo.

«Lo salutano gli amici della piazza, quelli del ristoro del buon samaritano, anche i negozianti hanno voluto portargli fiori». Don Ivano ricorda gli ultimi mesi di malattia, quelli in cui «aveva trovato un letto in una stanza calda, un pranzo sicuro ogni sera, ma soprattutto aveva capito che c’era qualcuno che si prendeva cura di lui». In una prospettiva cristiana, aveva riscoperto che alla fine resta solo l’amore, su tutto il resto, sugli errori che si possono fare nella vita, sulle solitudini sopportate.

Alcuni l’hanno accompagnato negli ultimi mesi, altri l’hanno scoperto dal giornale, forse solo oggi si sono resi conto che era sparito dalla piazza che prima calcava ogni giorno. La chiesetta di san Pietro si è riempita, qualcun altro è rimasto fuori ad attendere. Qualcuno alla fine ricorda quando il Mantegazza s’infilava in basilica a salutare i parenti del defunto alla fine dei funerali, giurando che il compianto congiunto «era una bravissima persona» (anche se magari non la conosceva). Fuori dalla chiesa ha gli occhi lucidi il bevitore suo amico e ha gli occhi lucidi il negoziante che ha ritagliato mezz’ora dal lavoro per partecipare al funerale.

Sul sagrato hanno srotolato uno striscione, firmato da tutti gli amici della piazza, semplice, affettuoso, quasi ordinario per uno che aveva scelto o si era ritrovato ad essere “personaggio”, anomalia. Recitava solo: riposa in pace, Rodolfo.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 08 Febbraio 2018
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