In Italia c’è una cultura anti-impresa

Stefano Franchi, presidente di Federmeccanica, nel corso di #ImpresaDay ha fatto visita alla Btsr di Olgiate Olona. «Sono l'eccellenza del Made in Italy e diffondono valori»

Btsr 2018

L’Italia non cresce come dovrebbe. L’economia rallenta e il sentiment , come lo chiamano gli esperti, cioè il clima tra gli imprenditori, è pervaso dall’incertezza: da una parte quella relativa alla manovra finanziaria e dall’altra quella relativa al destino dell’Europa e dell’euro sotto attacco dei sovranisti. Il risultato è che gli imprenditori tendono a investire di meno, rispetto a un anno fa, con tutta una serie di conseguenze negative a partire dall’occupazione.

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Secondo Stefano Franchi, direttore di Federmeccanica, in tour con #ImpresaDay tra i distretti produttivi più importanti del settore metalmeccanico, tra i quali c’è quello varesino, l’Italia «va avanti piano».

Quanto piano, direttore?
«Se paragoniamo la situazione di oggi con quella di un anno fa non si cresce allo stesso modo. Gli imprenditori investono di meno perché avvertono intorno a loro una situazione di tensione, non solo interna al Paese, ma anche a livello internazionale».

Molti imprenditori premono per scendere in piazza
«La tensione non aiuta nessuno e per formazione io prediligo il dialogo. Alla fine credo che le soluzioni migliori arrivino dal confronto. Lo abbiamo già dimostrato con la sottoscrizione del nostro ultimo contratto».

Però quella trattativa con le controparti è andata avanti per quasi due anni
«Io non le chiamo controparti bensì interlocutori. E tra l’altro Marco (Bentivogli, ndr), Maurizio (Landini, ndr) e Rocco (Palombella, ndr) sono stati interlocutori leali e contrattualisti preparati. Credo che quell’esperienza abbia insegnato qualcosa a tutti noi».

Secondo lei, in questo momento è tornato un clima ostile alle imprese?
«Nelle fabbriche dove entriamo batte il cuore dell’industria che dà lavoro e reddito a milioni di persone. Credo che in questo momento non ci sia un clima favorevole alle imprese ma questo dipende da una cultura anti-impresa piuttosto radicata in Italia. Questa è la sfida più difficile da vincere perché la cultura di un popolo non la cambi dalla sera alla mattina, ci vuole molto tempo. Non c’è una data, come accade per leggi, che puoi cerchiare di rosso per poterla ricordare. I processi culturali sono lenti per definizione, richiedono un lavoro a più livelli e il passaggio è più sfumato. Ma noi lavoriamo per questo».

Oggi nella narrazione dell’impresa che cosa manca?
«La fabbrica nell’immaginario collettivo ha connotati negativi, ma è un retaggio del passato. Si sottolinea ancora troppo poco l’importanza dei valori che esprime  la maggior parte delle aziende da nord a sud. Parlo di valori al plurale perché non è solo una partita economica o tecnologica. Nella realtà le aziende mettono al centro la persona, l’ambiente, la sostenibilità, il benessere dei collaboratori e delle loro famiglie. Queste aziende ben rappresentano l’eccellenza del Made in Italy perché producendo valore diffondono valori. Lo abbiamo toccato con mano oggi visitando la Btsr, sono ambienti postivi che valorizzano lo scambio di idee e dove le persone possono crescere personalmente e professionalmente e quindi realizzarsi, avendo così un buon motivo per affrontare la giornata. Sono imprese inclusive ed è per questo  che nell’era dell’automazione e della robotica si può e si deve parlare di un nuovo umanesimo metalmeccanico. Aziende di successo a dimensione d’uomo. Questo è quello che anche qui a Varese possiamo toccare con mano. Questo è quello che siamo. Bisogna raccontarlo».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 06 Settembre 2018
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