Passa la Variante al Pgt, decisivo Rocco Longobardi
Tra conflitto d'interessi, assenze personali e distinguo politici, la maggioranza non avrebbe garantito il numero legale. E qui si è rivelato decisivo il voto del consigliere di minoranza di Gallarate 9.9

La minoranza è contraria, la maggioranza rimane orfana di alcuni consiglieri (per conflitti d’interesse, assenze già previste, contrarietà politica). E alla fine al voto sul Pgt il centrodestra viene “salvato” dal consigliere di Gallarate 9.9 Rocco Longobardi.
È stata un po’ la sorpresa della serata di adozione della Variante al Pgt targata Cassani-Petrone, anche se la posizione di Longobardi – che siede sui banchi della minoranza – era già prevedibile per come aveva votato nella prima fase del consiglio, quando il resto dell’opposizione aveva chiesto di fermare il voto (vedi qui).
Partiamo dalle défaillance della maggioranza: era assente giustificato Niccolò Postizzi della Lega, Giuseppe Martignoni di Fratelli d’Italia ha ritenuto di essere in conflitto d’interesse indiretto (per proprietà di parenti coinvolte dalla Variante) e quindi ha scelto di non essere in aula. Diverso il caso dei due consiglieri “ferrazziani” di Libertà per Gallarate, Luca Carabelli e Luigi Fichera: «È una variante gattopardesca, senza coraggio» ha detto Carabelli, sintetizzando i dubbi sulla revisione del piano regolatore («trovate il coraggio di andare sui banchi dell’opposizione» ha ribattuto il leghista Stefano Deligios).
Usciti i consiglieri “critici” (centrosinistra e Libertà per Gallarate), la maggioranza rischiava di non avere il numero legale per l’adozione della Variante. Ed è qui che si è visto appunto il ruolo inedito di Rocco Longobardi, che ha garantito l’approvazione: «La revisione del Pgt era necessaria» ha detto il consigliere di Gallarate 9.9, spiegando che «la cosa importante è sempre il bene della città, non l’essere maggioranza o minoranza». Incassando il ringraziamento di Germano Dall’Igna di Forza Italia alla «opposizione consapevole e costruttiva».
Per il resto sono rimaste le differenze. Per il centrodestra gli elementi a favore sono il recupero delle aree dismesse, l’edilizia convenzionata, il recupero dei centri storici, la semplificazione delle procedure paesistiche. «Abbiamo tolto tutti quei pali e paletti, lacci e laccioli che fermavano anche le grandi opere» ha detto l’assessore Petrone, che ha detto che il piano segna il passaggio «da una decrescita infelice a una impostazione entusiastica».
All’opposto il centrosinistra (Pd e Città è Vita) critica l’intervento sui centri storici «che prevede possibilità di demolizione e ricostruzione o arretramento fino a 5 metri delle facciate», quindi la perdita del paesaggio urbano storico; l’aumento di consumo di suolo a Sciarè («una panzana», ha ribattito Cassani). E più in generale l’opposizione ha criticato l’idea di un «outlet urbanistico, senza lacci e laccioli, senza beneficio per la comunità».
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