Incendio al circolino di Capolago, resta in piedi solo l’estorsione

Probabile prescrizione per due dei tre capi d’imputazione.Le indagini partite come attentato alla Lega, poi “declassate” a piccolo spaccio

Avarie

Un incendio partito come un fatto “da Digos” – con possibili retroscena a risvolto politico legati a uno dei principali partiti del Paese, la Lega – declassato poi a reato di cronaca spiccia, coi due imputati che volevano fargliela pagare al gestore del Circolino il quale impediva loro di spacciare, ma che non avevano neppure la droga per soddisfare i clienti.

E non è tutto, poiché il processo di fronte al giudice collegiale di Varese per quell’incendio che destò grande scalpore nel 2011 nel quartiere varesino di Capolago potrebbe terminare monco per via della prescrizione: l’incendio doloso e lo spaccio di droga sarebbero già prescritti mentre rimarrebbe in vita l’ultimo motivo per discutere le sorti degli imputati, cioè l’estorsione.

Questa mattina a Varese si è compiuto uno degli ultimi atti di questo procedimento che partì dall’incendio nella notte tra il 24 e il 25 aprile 2011 al “circolino di Capolago”, luogo di ritrovo della prima ora, culla della “vecchia guardia” della Lega (a solo poche centinaia di metri fino a pochi anni fa, a ricordarlo, c’erano anche i “ciclisti padani”, dove ora è stato posto l’aereo, derubricando quel posto appunto da “rotonda dei ciclisti” a quella “dell’aereo” nda): venne quindi chiamata la Digos e cominciarono le indagini che tuttavia, grazie a una soffiata di alcuni informatori, fecero arrivare gli agenti ad avere in tasca nome e cognome dei due imputati dell’incendio.

Tutto raccontato oggi da una delle colonne portanti della questura, un ispettore superiore sentito come teste per quei fatti. Gli agenti furono molto rapidi nelle loro attività, tanto che dopo aver preso nota delle informazioni degli informatori verificarono i passi dei due imputati (29 e 30 anni) andati a “fare la spesa” in due occasioni nella stazione di servizio “Brughiera Ovest” di Castronno, quella sulla destra lungo la A-8 andando verso Milano.

Le telecamere li pizzicano qualche giorno prima dell’incendio: riprendono i due che comprano bombolette di gas butano da campeggio, e benzina. L’ipotesi è che il liquido infiammabile fu l’innesco per far esplodere il contenuto delle bombolette che ridussero male l’esercizio pubblico.

Quella notte la moglie dell’esercente, oggi in aula, ha raccontato che verso le 3 sentì un boato e degli scoppi. Era il suo locale che andava in fumo.

Ma perché tutto questo? Di certo non per motivazioni politiche: secondo l’accusa i due avrebbero voluto imporre lo spaccio di droga all’interno del locale all’esercente, il quale opponendo il diniego avrebbe firmato la “condanna” del Circolino, colpito dall’esplosione.

Anni sono passati da quei fatti, e oggi sembra rimanere in piedi solo l’accusa di estorsione. Quanto alla droga, la Digos cominciò a indagare sul filone dello spaccio riconducibile agli ambienti varesini: andrà provato anche questo.

Dalle intercettazioni è emerso che i due avevano contatti con ipotetici compratori, ma che spesso non riuscivano a soddisfarli: «Forse riusciamo stasera, aspetta un attimo», rispondevano ai clienti che, spazientiti, sceglievano i boschi come piazza di acquisto della roba. La discussione è prevista per il 24 ottobre.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 03 Ottobre 2019
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