Casa eterno problema. “Produce precarietà sociale”

La città ha una situazione di svantaggio rispetto ad altri Comuni, i bandi sono per poche case ma costringono le persone a ripresentare domanda, lo sgombero sinti ha complicato le cose. Le associazioni propongono tre incontri

gallarate generico

L’ultimo bando affidava solo ventun alloggi pubblici, tra Gallarate città e le vicine Cassano Magnago e Cavaria con Premezzo. Poca cosa, rispetto a un’emergenza abitativa che è costante, in Italia e ancor più nella zona dei dintorni di Milano.

«Gallarate rispetto ad altre realtà paga lo scotto di non essere formalmente Comune ad alta tensione abitativa», spiega Flavio Azzena, del Sunia, il sindacato inquilini. È una norma d’antica data, mai riformata. Per cui risultano risultano zona “sotto pressione” Saronno o Caronno Pertusella (quasi hinterland di Milano), ma anche Comuni più a Nord come Malnate. Ma non Gallarate. La differenza non è da poco: «là sono previsti sconti fiscali per chi affitta, a Gallarate no» (foto: case popolari a Madonna in Campagna, con alcuni alloggi indisponibili per lavori di ristrutturazione).

Il tema è annoso e ora viene riproposto, con un ciclo d’incontri, dalla rete delle associazioni cittadine. Che partono da un caso – lo sgombero dei sinti – molto dibattuto dal punto di vista politico, meno sull’impatto su un contesto abitativo già problematico. Molte delle famiglie «vivono in camper, a Gallarate o fuori Gallarate, spostandosi» spiega Pino Sacconi, uno dei capifamiglia.
Sono cinque le famiglie che abitano in alloggi d’emergenza pubblici, oltre a una che ha ottenuto una casa popolare. Possono sembrare pochi, ma sei alloggi in meno sono una quota non proprio secondaria: il problema abitativo nato dallo sgombero del campo sinti ha aumentato la pressione su Gallarate.

Le associazioni avevano, su questo, segnalato il rischio. «Lo sgombero di un anno fa ha allontanato la comunità sinti da via Lazzaretto e ha aperto un problema» dice Stefano Rizzi, segreteria Cgil di Varese. Associazioni e sindacato hanno deciso ora di «aprire uno spazio di interlocuzione culturale» sul tema della casa, associato però anche all’idea «di una città plurale e rispettosa dell’identità».

Lo strumento sono tre incontri pubblici, sotto il titolo “Abitare la città solidale”, a partire dal 15 febbraio. Sabato dalle 15 alle 18 infatti si terrà un primo momento alla Cascina Monte Diviso (sopra Cajello, via Brennero) pensato proprio come momento per la comunità sinti “dispersa”. Un momento che è pensato anche nell’ottica di un «riconoscimento della cultura sinta, un riconoscimento culturale, linguistico e dei diritti, come quello alla casa e quello alla identità» dice Andrea Tribini, diciottenne che viveva al campo di via Lazzaretto. «La nostra cultura è rimanere insieme, crescere insieme». È anche un modo per riproporre la questione della presenza delle famiglie, ancora oggi alle prese con problemi legato al dopo-sgombero («I figli sono rimasti senza documenti, senza carta d’identità: ci dicono che siamo senza fissa dimora, anche se abbiamo una casa e ci arrivano le bollette» dice Pino Sacconi).

Tornando agli incontri, il 27 febbraio alle 21 il salone delle Acli ospiterà una serata sulla questione della casa. «Nelle città la questione della casa è IL problema, la precarietà abitativa produce precarietà sociale» dice ancora Rizzi della Cgil. Saranno presentati anche numeri sulla realtà gallaratese, dove – si diceva in apertura – il problema è sempre pressante. Ne parleranno Flavio Azzena del Sunia, l’avvocato Guglielma Vaccaro, Massimo Balzarini responsabile politiche abitative della Cgil Lombardia, Alessandro Kulka del sindacato inquilini Sicet dei Laghi. Il sistema dei bandi – con domanda digitale – sta rendendo anche più complesso l’accesso alle case popolari: ogni volta si crea una nuova graduatoria e alcuni mollano il colpo, sfiduciati da lunghe attese e operazione non immediata (si pensi agli anziani)

Il terzo incontro, in data da definire,sarà invece dedicato al tema della “città plurale”, che riconosce minoranze etniche e culturali. «Un tentativo di iniziare un dialogo con la città, andando oltre il dialogo con il Comune che non è riuscito» dice Antonio Longo, del Movimento Federalista Europeo. «La questione della comunità sinti non è che uno degli aspetti di una città che rischia di essere disgregata e di non essere in grado di affrontare le grandi questioni. La questione delle minoranze culturali è centrale: si può avere una reale integrazione nella misura in cui c’è scambio di esperienze per la convivenza. E l’integrazione è un modo di rendere più forte la società di fronte alle sfide che ci attendono».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 13 Febbraio 2020
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