Dopo una sbandata tornano i Doors

The Soft Parade non aveva convinto: meglio il rock blues

50 anni fa la musica

Con il quarto album, The Soft Parade, i Doors avevano fatto un mezzo passo falso cercando forse di emulare gli sperimentalismi del White Album o di Electric Ladyland: ne era uscito un lavoro molto arrangiato con fiati e archi che non convinse troppo. Morrison Hotel, l’album seguente, è proprio un cambio di direzione sostanziale: i coloratissimi e psichedelici anni ’60 sono finiti e si torna al rock blues degli esordi. Ed è chiaro subito dall’iniziale Roadhouse blues – la cui versione più famosa è però quella live inserita in un album postumo di Morrison – con all’armonica il woodstockino John Sebastian. L’altra grande canzone del disco è certamente la politica Peace Frog, dove Morrison parla dei violenti tumulti negli Stati Uniti ed accenna all’episodio – certamente ben presente a chi ha visto il film sui Doors di Oliver Stone – in cui da bambino, in macchina coi genitori, vide degli indiani feriti in un incidente: si convinse in qualche modo di avere ereditato dei poteri sciamanici in quel momento. Comunque un album solido e compatto, che nel febbraio 1970 confermò che i Doors erano ancora un grande gruppo.

Curiosità: il disco è diviso in due facciate dai nomi diversi: Hard Rock Café e Morrison Hotel. Entrambi erano nomi di locali dove furono scattate le foto di fronte e retro copertina, ma l’Hard Rock Café non era la catena che conosciamo, bensì un piccolo locale di Los Angeles che poi chiuse. La catena prese il nome proprio da questo disco, chiedendone il permesso agli stessi Doors al momento di aprire il primo ristorante a Londra.

La rubrica 50 anni fa la musica 

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Pubblicato il 06 Febbraio 2020
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