CBD e cannabis: cosa è cambiato con la sentenza della Corte di Cassazione del 2019?
La sentenza della Cassazione del 30 maggio 2019 ha messo in seria discussione tutte le certezze sull’uso e sulla distribuzione legale del CBD in Italia

La sentenza della Cassazione del 30 maggio 2019 ha messo in seria discussione tutte le certezze sull’uso e sulla distribuzione legale del CBD in Italia. La pronuncia della consulta ha in parte stravolto i contenuti normativi presenti nella legge 242 del 2016. Andiamo a scoprire cos’è cambiato.
Cosa ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione?
Per capire come la recente sentenza della Cassazione abbia cambiato gli scenari sia per gli operatori del settore della canapa, bisogna fare un passo indietro. Già in occasione dell’entrata in vigore della legge 242 del 2016 la stessa Corte si era pronunciata in maniera poco chiara e sicuramente non univoca, con richiesta espressa affinché le sezioni penali riunite arrivassero e dirimere quelle che erano i disaccordi interni.
E con quest’ultima sentenza la Corte non ha fatto altro che creare un clima di incertezza che sta mettendo in subbuglio l’ambiente. Pur confermando la legalità di tutti quei prodotti a base di CBD, privi cioè di “effetto drogante”, usando le parole dei giudici, ha sancito di fatto l’irregolarità della vendita di prodotti derivanti dalla canapa o qualunque altro “derivato dalla coltivazione della cannabis”.
La corte ha dichiarato che buona parte dei prodotti derivati dalla canapa non sono legali, ma che invece lo sono quelli usati nella bioedilizia, del settore cosmetico o per l’abbigliamento, ma sempre in ossequio alle disposizioni normative di settore. Per quanto riguarda invece gli oli gli alimenti e le infiorescenze è fondamentale deve verificare il livello di THC. E questo ci porta a fare un altro passo indietro per capire quali siano questi livelli.
Cosa aveva stabilito invece la legge 242 del 2016?
Il provvedimento legislativo del 2016, vero punto di partenza per una miriade di discorsi commerciali e che dato il via al boom di iniziative imprenditoriali in tutto il paese, ha stabilito un limite di concentrazione di THC entro i quali i prodotto viene fatto rientrare nella categoria della cannabis legale. Questo è dello 0,2 con una tolleranza fino allo 0,6.
Nelli specifico la legge stabilisce che è possibile coltivare una pianta solo tramite seme che abbia ottenuto una certificazione. In sostanza, chi è interessato a intraprendere un discorso produttivo deve prima di tutto fornirsi da venditori di sementi certificate, con una tracciabilità che deve essere piena e rigorosa. Non è invece consentita l’importazione di piante dall’estero.
Come capire se un prodotto è legale?
Il punto di partenza attualmente è quindi il paletto fissato dalla Corte di Cassazione, ossia che il prodotto non sia dotato di effetto drogante. In linea di massimo sono sicuri i prodotti ideati per essere usati in determinati ambiti, come quello alimentare, cosmetico e dell’abbigliamento. Tutti usi che non prevedono l’inalazione diretta di sostanze derivate e che comunque, per definizione, hanno un livello di THC molto basso.
Questi prodotti possono essere messi in commercio nelle forme più varie come oli, profumi, infiorescenze e tessuti lavorati. Sarà dunque importante verificare la provenienza del prodotto, e la presenza di indicazioni chiare e non fuorvianti è già una buona partenza. Meglio che il negozio sia operante all’interno del territorio nazionale e che sia regolarmente iscritta alla camera di commercio e sia dotata di partita IVA.
Qual è la differenza tra uso terapeutico e uso ricreativo?
Per cannabis terapeutica intendiamo quella sostanza che viene utilizzata per la creazione di farmaci. In questo caso la filiera è controllata in maniera stretta e pressante in tutte le sue fasi, con un ruolo fondamentale dell’agenzia del farmaco. Inoltre, questi medicinali possono essere somministrati esclusivamente in seguito a prescrizione medica.
Quella ad uso ricreativo invece viene regolamentata dalla legge per i suoi effetti psicotropi. L’inserimento delle percentuali di THC rientrano proprio in quest’ottica.
I prodotti rientranti nella categoria di cannabis legale rispettano i limiti di legge, ma non possono comunque rientrare in nessuna delle due categorie viste prima. Non hanno infatti bisogno di alcuna prescrizione medica, e allo stesso tempo non producono gli effetti tipici delle sostanze ricreative. La loro funzione è quella di sfruttare le proprietà rilassando della canapa senza giungere all’effetto sballante.
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