“Con la Svizzera un ottimo accordo: messi in sicurezza i frontalieri e i soldi per i servizi dei Comuni”
Alessandro Alfieri, senatore varesino e capogruppo Pd della Commissione esteri del Senato, è entusiasta dell’intesa raggiunta dopo un lungo lavoro e siglata dal ministero dell’economia italiano e svizzero

«Oggi è un giorno importante come lo fu nel 1974 quando vennero firmati gli accordi tra Italia e Svizzera. L’accordo di oggi riconosce la specificità dei territori di confine, mantiene una tutela totale dei lavoratori frontalieri e apre una serie di progetti per l’economia della fascia di frontiera sulla quale dobbiamo lavorare insieme alle associazioni di categoria e a tutte le parti politiche».
Alessandro Alfieri, senatore varesino e capogruppo Pd della Commissione esteri del Senato, è entusiasta dell’intesa raggiunta dopo un lungo lavoro e siglata dal ministero dell’economia italiano e svizzero sull’accordo sulla fiscalità per i lavoratori frontalieri fra Italia e Svizzera. Un testo che blinda alcuni punti che stanno molto a cuore all’economia di frontiera e ai suoi protagonisti.
«Nel confronto con la Svizzera abbiamo lavorato su due livelli e mi sento da subito di ringraziare il Viceministro Antonio Misiani- spiega Alfieri -: quello principale è naturalmente il nuovo accordo fiscale ma parallelamente abbiamo introdotto una procedura nuova rispetto al passato. Abbiamo definito un memorandum con i sindacati e con i comuni di confine, firmato anche dal sindaco Mastromarino presidente dell’associazione comuni di frontiera che garantisce una serie di impegni e riconosce la specificità dei territori di confine».
Siglato l’accordo «Ora dobbiamo lavorare con tutte le forze politiche. A partire dalla maggioranza ma anche con l’opposizione per far si che la legge di ratifica contenga tutti gli impegni presi».
Secondo Alfieri sono 4 i punti principali e di forza dell’accordo: «Innanzitutto gli attuali frontalieri non dovranno pagare un euro in più, viene tutelato chi lavora ora, chi lavorerà fino all’entrata in vigore dell’accordo e anche chi non ha lavorato per via del covid. Sono più di 64mila persone che faranno pienamente parte del vecchio regime».
Il secondo aspetto riguarda il sistema dei ristorni ai comuni di confine «che andava garantito e che resterà così com’è fino al 2034 quando nascerà un fondo ad hoc. Come stabilito nel memorandum d’intesa, il Governo istituirà un fondo ad hoc per trasferire le risorse ai Comuni di frontiera che non potranno essere inferiori a quelle percepite attualmente. Sono così salvaguardati tutti i servizi che i Comuni di frontiera riescono ad erogare quotidianamente ai cittadini grazie ai ristorni».
C’è poi tutto quello che riguarda i territori di confine: «Si tratta in questo caso di rapporti interni al nostro paese che riguardano sostanzialmente il mantenimento di una specificità della fasce di confine che si regge su un “equilibrio anomalo”: lavoratori che vanno in svizzera a lavorare e ticinesi che vengono in italia a fare la spesa, in mezzo per tutta conseguenza si è sviluppata tutta una zona di desertificazione imprenditoriale. L’impegno del Governo è ora quello di lasciare sul territorio l’extra gettito che verrà utilizzato per finanziare investimenti e progetti per l’economia di confine. Questo è un punto fondamentale perché da qui deve iniziare un lavoro di confronto con associazioni categoria, le province e tutti i soggetti coinvolti per capire come spendere questi soldi per il territorio. Si può ragionare su alcuni spunti che erano arrivati dalla proposta di Confartigianato, li si apre un campo interessante di confronto. Queste risorse lei utilizziamo per costruire un’opera infrastrutturale in più oppure diventano le risorse per costruire un sistema che riconosce la specificità del territorio? Formazione? Aiuto all’imprenditorialità nella fascia di confine? Abbiamo affermato un principio ora bisogna dargli concretezza».
Infine, sui nuovi lavoratori frontalieri, «I frontalieri che inizieranno a lavorare oltreconfine dopo l’entrata in vigore dell’accordo saranno sottoposti a un nuovo modello di tassazione. La Svizzera avrà diritto a trattenere una quota di imposta alla fonte dell’80%: a quel punto al lavoratore l’Italia applicherà la tassazione con una serie di detrazioni (aumento della franchigia speciale per tutti i lavoratori da 7.500 a 10.000 euro, detrazione di quanto già tassato dalla Svizzera, non imponibilità degli assegni familiari erogati dalla Svizzera, deducibilità dei contributi per i prepensionamenti) che ridurranno notevolmente la differenza tra nuovi e vecchi lavoratori frontalieri. ».
«Crediamo che si tratti di un buon accordo – conclude Alfieri -. Con il nuovo accordo tra Italia e Svizzera e il memorandum d’intesa si mettono in sicurezza gli equilibri della nostra economia di frontiera, si mette fine ad una tensione diplomatica ed economica che si protraeva da troppo tempo e vedeva i nostri lavoratori frontalieri e le finanze dei Comuni di frontiera esposti ogni anno ad iniziative e campagne politiche oltre confine, spesso a sfondo xenofobo. Si mettono al sicuro il percorso lavorativo degli attuali frontalieri e i servizi erogati dai Comuni ai cittadini grazie al nuovo sistema dei ristori e si costruisce un sistema fiscale di favore per i futuri frontalieri. Voglio essere chiaro, in futuro gli stipendi medio-alti dei futuri frontalieri subiranno una contrazione se paragonati a quelli degli attuali frontalieri ma quelle tasse in più rimarranno sul territorio perchè andranno a finanziare opere, progetti, interventi di sviluppo delle nostre comunità. Questo è un grande risultato ottenuto nella trattativa, un riconoscimento del Governo alla specificità dei Comuni e delle zone di frontiera. Adesso subito al lavoro con tutte le forze politiche affinché questi risultati ottenuti e concordati con il Governo siano inseriti dal Parlamento nella legge di ratifica del nuovo trattato internazionale».
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