Vito Ilacqua, dirigente del Falcone di Gallarate: “La scuola deve essere un centro di vita”

Continua l'inchiesta sulle scuole di VareseNews per tracciare un bilancio a un anno dall'inizio della pandemia. Le parole al dirigente dell'istituto Falcone di Gallarate: dalla modifica alla scuola "dei nativi digitali" alle risorse messe in campo per far fronte alla crisi Covid nei mesi del lockdown

vito ilacqua dirigente falcone gallarate

La sfida dell’emergenza pandemica per la scuola è stata enorme ed è tutt’altro che superata: la strada per il ritorno alla normalità è ancora in salita. Per capire a che punto è la situazione negli istituti del territorio abbiamo iniziato un dialogo con i dirigenti scolastici che possa aiutare a capire quali sono le prospettive di uno dei settori più importanti e vitali per il futuro del nostro Paese.

Intervista a Vito Ilacqua, dirigente dell’Isis “Giovanni Falcone” di Gallarate, che spera in una scuola del domani incentrata sulla relazione e l’incontro con l’altro, al passo con i tempi e più conforme ai ragazzi “nativi digitali”.

Quali i principali problemi affrontati durante l’emergenza sanitaria? Quali soluzioni?

«I problemi sono stati molteplici. Innanzitutto quello della tecnologia: questa è stata la cosa più importante, anche perché tutto il meccanismo della pandemia si è retto grazie alle nuove tecnologie, altrimenti sarebbe stato impossibile. Questo è stato il primo aspetto che abbiamo dovuto risolvere; naturalmente l’istituto è ben sorretto da questi dispositivi, quindi per noi è stato un ampliamento del potenziale tecnologico, grazie ai docenti e ai tecnici abbiamo risolto questo problema. L’altro problema è stata la gestione delle difficoltà da parte degli studenti nei device: in questo abbiamo provveduto a dare in comodato d’uso gratuito 250 computer ai ragazzi che ne avevano davvero bisogno, è importante soprattutto nell’espletamento delle discipline grafiche, che necessitano di strutture con particolari prestazioni».

Quali di queste soluzioni sono state prese solo per l’emergenza e quali, invece, potrebbero diventare di sistema?

«La scuola è e deve essere un centro di vita, non una centrale del sapere. Non è il luogo dove si cresce con i voti; si cresce anche con i voti, ma soprattutto si deve avere il contatto, che va oltre quelle che sono le tecniche utilizzate in questa pandemia, per cui bisogna conciliare le due cose. Di sicuro l’aspetto che riguarda la didattica a distanza in futuro non sarà tralasciato, tant’è vero che in un’ottica di futuro pensavamo di attivare nel nostro orario curriculare un giorno di didattica a distanza, per far sì che questa esperienza possa continuare e far sì che gli studenti di adeguarsi alle nuove esigenze del mercato, perché niente sarà più come prima. In particolare modo, lo smart working non diventerà qualcosa di irreale, ma qualcosa a cui i nostri studenti dovranno far fronte nel mondo pratico e nel mondo sociale: quindi, per quanto riguarda la didattica, faremo in modo che ci sia questa integrazione».

Quali riflessioni sulla didattica sono state fatte alla luce dell’emergenza? Il digital divide è stato un problema? Quali risposte dal territorio (donazioni, sinergie, sponsorizzazioni)?

«Noi abbiamo subito fatto fronte all’esigenza dei 250 studenti che avevano bisogno dei dispositivi, attingendo dai nostri 15 laboratori di informatica e 4 laboratori di portatili: li abbiamo quindi dati in comodato d’uso. Poi ci è venuto in aiuto il kit, che ci ha concesso di far fronte a tutte le esigenze: oltre al computer, abbiamo anche preso in considerazione di dare in comodato d’uso dei modem con delle schede sim per far fronte alle difficoltà dei ragazzi particolarmente svantaggiati (circa il 18% degli studenti)».

Cosa si dovrebbe fare questa estate per un avvio normale dal prossimo anno scolastico?

«Innanzitutto bisogna riposarsi. Dopo un anno così difficile bisogna avere un po’ di riposo, non solo i nostri studenti – che hanno bisogno di ritrovare un po’ di serenità e di ristabilire delle relazioni sociali -, anche gli insegnanti, che sono veramente stanchi. Dopodiché si programma l’anno scolastico, tenendo presente di evitare aperture e chiusure a fisarmonica, che sono deleterie: bisogna avere avere una riapertura controllata, insieme alla consapevolezza degli studenti che le precauzioni vanno tenute da parte di tutti per far sì che effettivamente possiamo stare in sicurezza. Poi stiamo prendendo in esame una serie di attività, dalla scuola estiva all’accompagnamento delle attività che partono da settembre».

Domani, quando avremo superato l’emergenza, che tipo di scuola ci dovrà essere? Quali le richieste del mondo dell’istruzione (dirigenti o docenti)?

«I nostri ragazzi, oltre a essere dei nativi digitali, sono anche antropologicamente diversi rispetto ai docenti; per cui saranno i docenti a dover trovare nuove strategie nella progettazione per coinvolgere gli studenti. Questo è importante: dovranno investire molto negli aspetti psicologici, perché arrivano da una fase molto delicata, e secondo me bisogna affiancare gli studenti a togliere questa anaffettività che attualmente si è creata in questo periodo di pandemia. La scuola è anche un modo per dare luogo ai sogni di questi ragazzi; deve quindi essere importante il legame tra studenti e docenti per un percorso personalizzato».

Come è cambiata, se è cambiata, la struttura della scuola? Ci sono stati adeguamenti funzionali e/o strutturali per ridurre o rimodulare le classi, gli orari, le lezioni?

«Abbiamo aggiunto 4 varchi per far entrare gli studenti ai 2 già esistenti, in modo che gli ingressi fossero dilatati e la concentrazione degli studenti è stata molto ridotta. In un’ottica di riduzione del contagio noi stiamo operando su tre turni, compreso anche il serale: il primo turno dalle  8 alle 13, il secondo dalle 13.20 alle 16.20, che ha ridotto notevolmente il contagio. Quindi la prima fase è stata la ridistribuzione del palinsesto orario, seguita dalla riduzione dell’orario di lezione a 50 minuti, previsto dalle direttive ministeriali; abbiamo inserito i termoscanner all’ingresso, che ci hanno permesso di ridurre notevolmente i contagi. Abbiamo, inoltre, creato delle aule collegate in streaming, per cui la classe non è stata spaccata fisicamente, ma virtualmente: in questo modo  da una parte all’altra sono collegate con due videocamere con sistemi di risposta. Un’altra modifica importante ha riguardato l’aula conferenza: è stata realizzata una parete con pannelli fonoassorbenti mobili, in modo tale che da quest’aula ne siano state realizzate due per svolgere diverse attività».

Che dispersione scolastica ha registrato la vostra scuola?

«Siamo in linea con gli altri anni, tenendo presente che abbiamo un percorso interno – la passerella – che permette di poter transitare da un percorso all’altro: avendo al nostro interno percorso di istituzione tecnica, di istruzione professionale e di istruzione e formazione professionale, eventuali ri-orientamenti sono stati interni e in linea con gli altri anni».

Il recupero dei saperi e delle conoscenze persi dal febbraio 2020. È una priorità?

«I nostri docenti fin dopo una settimana avevano stabilito un collegamento con gli studenti, per cui avevano già approntato un contatto con i ragazzi. Il recupero è stato messo in itinere:  un tipo di recupero verrà fatto nel periodo estivo, compatibile per quanto possibile con le disponibilità degli studenti e dei docenti, cui ripongo i ringraziamenti per l’impegno dimostrato in questa fase. Io non rilevo una grossa riduzione dei sapere, perché tutti hanno lavorato: se questo si verificasse – e lo verificheremo durante gli scrutini di giugno – attueremo percorsi possibili affinché non ci sia questo gap. Quello che è più importante è recuperare il rapporto, che è venuto meno in questi mesi, insieme alla voglia di sognare: i ragazzi hanno bisogno di mettere in atto gli strumenti necessari».

Avete avuto la possibilità di comprendere se si siano verificati episodi di contagio nelle vostre scuole? 

«Abbiamo verificato e la riposta è assolutamente no. Noi abbiamo avuto una percentuale di contagio di 1 su 80 (su 1600 studenti), sono veramente pochi; mai nessuno ha trovato un nesso eziologico tra un caso e l’altro, sono tutti legati a contagi famigliari. Non ho riscontrato un caso che possa avere come caso indice nella stessa classe».

A che punto è la vaccinazione sul personale scolastico nel vostro Istituto? Ci sono insegnanti che hanno rifiutato di farsi vaccinare?

«So che più del 90% del personale sta aspettando la seconda dose, io la farò la prossima settimana. C’è stato molto interesse da parte di tutti nei confronti del vaccino, di cui io sono sostenitore: è l’unico mezzo per venirne fuori. In occasione della giornata nazionale incentrata sul Covid ho fatto intervenire il dottor Grossi, primario dell’ospedale di Varese, che ha dato un forte contributo e ha sensibilizzato sulla vaccinazione».

La figura del responsabile covid: quanto lavoro burocratico ha creato? La vostra struttura era/è adeguata a svolgere i nuovi obblighi?

«La scuola riesce a svolgere i nuovi obblighi grazie ai referenti, che sono 2 assistenti amministrativi della segreteria, che si interfacciano con me per quanto riguarda la comunicazione: c’è ovviamente stato un surplus di lavoro, ma l’hanno brillantemente gestito. Il rapporto con Ats per il contact tracing è stato continuo e costante, i risultati si sono visti: sono stati molto attenti e tempestivi riguardo la mia decisione di mettere subito delle classi in quarantena».

La collaborazione con gli altri enti istituzionali: i trasporti, gli enti locali, l’autorità sanitaria, com’è il dialogo?

«Il dialogo con le ferrovie è positivo: noi abbiamo dei turni pomeridiani, pertanto le Ferrovie dello stato hanno attivato dei percorsi addizionali da Luino e da Domodossola per far sì che i ragazzi potessero arrivare alle 13.20 e non prima, rischiando di stare in giro per delle ore. Il rapporto con la prefettura è ottimo, con la provincia siamo in sintonia».

È prevista l’attivazione o il rinforzo di un supporto psicologico agli studenti?

«Abbiamo il supporto psicologico – curato da esperte psicologhe – già da anni, c’è stata una proroga di questo servizio, indipendentemente dai contributi arrivati dal Ministero. Le richieste sono in linea con gli altri anni, ma l’esigenza di qualcuno di avere colloqui con le specialiste c’è stato».

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com

Per me scrivere significa dare voce a chi non la ha. Il giornalismo locale è il primo passo per un nuovo, empatico e responsabile incontro con il lettore. Join in!

Pubblicato il 20 Maggio 2021
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.