Dai campi al bancone del bar. La pandemia ha messo in crisi anche il mercato del caffè

In uno dei settori più globalizzati al mondo, gli effetti del Covid si traducono in una serie di difficoltà: dalla mancanza di manodopera per la raccolta al rincaro quasi insostenibile dei trasporti. Samaritani (Chicco d'oro): "Chiudiamo un anno drammatico"

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«Quando l’incertezza pervade l’economia, le imprese si ammalano». Giancarlo Samaritani, responsabile della filiale italiana del Caffè Chicco d’oro, conosce bene gli effetti del Covid sul sistema economico. Il caffè è una materia prima tra le più globalizzate al mondo e la pandemia si è abbattuta con un effetto domino su tutta la filiera: dai produttori sudamericani e vietnamiti alle torrefazioni europee, fino ai bar della Valcuvia.
«Le imprese vivono di programmazione – spiega il manager – ma con il Covid non è stato possibile programmare e nemmeno sviluppare iniziative. Insomma, chiudiamo un anno drammatico, perché nella nostra filiera noi siamo fornitori di categorie che hanno sofferto e continuano a soffrire molto».
(nella foto Giancarlo Samaritani in un campo di caffè in Tanzania)

BAR E RISTORANTI

I lockdown ripetuti e le misure emanate dal Governo per garantire il distanziamento ed evitare il propagarsi del contagio hanno di fatto ridotto ai minimi termini il lavoro di bar e ristoranti. Le fatture da pagare però sono rimaste e mai come in questi ultimi due anni si è sentita la necessità di rinnovare un patto di fiducia nel rapporto tra clienti e fornitori.
In gioco dunque non c’è più solo il valore economico, ma qualcosa di altrettanto importante: i valori condivisi con tutti gli attori del settore. Se è vero, come sostiene Samaritani, che «il mercato è crudele», ci sono dei comportamenti che possono renderlo migliore. «Noi serviamo molte aziende familiari di piccole dimensioni – spiega il manager – e quindi fin dall’inizio della pandemia, per i pagamenti abbiamo adottato un criterio molto elastico. Navighiamo tutti nello stesso mare e il Covid ci ha messi tutti sulla stessa barca, perciò la solidarietà è un aspetto importante soprattutto per permettere una vera ripartenza. Chicco d’oro gode di un’ottima reputazione sul mercato e anche in questa fase drammatica lo ha dimostrato».

I RINCARI DELLE MATERIE PRIME E IL CONSUMATORE FINALE

A rendere l’ultimo anno particolarmente difficile per le aziende è stato l’aumento esponenziale dei prezzi delle materie prime, a partire da quelle energetiche. Per chi commercia in caffè, il tasto dolente sono stati i trasporti che hanno eroso marginalità alle aziende. «Non solo sono quadruplicati i costi dei container, ma è diventato difficile trovarli – spiega Samaritani – In passato ci sono stati momenti di preoccupazione per l’andamento del nostro mercato, non avrei mai pensato però di dover affrontare una situazione del genere. E girando il mondo per lavoro, mi sono reso conto che non c’è una sola regione risparmiata da queste dinamiche».
Scaricare i maggiori costi sul prezzo finale praticato al consumatore è una manovra rischiosa che in prospettiva potrebbe far perdere fette di mercato alle imprese. Chicco d’oro, che serve anche la grande distribuzione, ha affrontato questo argomento a più livelli. «I supermercati fanno fatica ad aumentare i prezzi sullo scaffale – sottolinea il manager – e i produttori si trovano nella stessa difficoltà. Ne stiamo discutendo anche con i proprietari dei bar, che tendono a mantenere la barriera psicologica di un euro per caffè servito, quando il prezzo al chilogrammo è aumentato. La volontà comune è di voler limitare il più possibile gli effetti distorsivi sul prezzo, perché tutto questo non continuerà all’infinito».

caffè

MENO MANODOPERA MENO CAFFÈ

I produttori, soprattutto quelli brasiliani, a causa della pandemia hanno dovuto far fronte a una forte carenza di manodopera che in passato arrivava dai paesi limitrofi. E con meno lavoratori a raccogliere caffè nei campi, la produzione finale ne ha risentito. «L’agricoltura è fatta di uomini – dice Samaritani – e la scarsità di lavoratori ha fatto sì che quest’anno manchino all’appello almeno due milioni di sacchi di caffè. Considerato che un sacco pesa 60 chilogrammi, il calcolo della materia prima mancante è presto fatto. Stesso discorso per il Vietnam che ha perso parte del raccolto a causa delle intemperie naturali». Samaritani è convinto che queste dinamiche siano in dirittura di arrivo, pena «la distruzione del mercato», e guarda al 2022 con una rinnovata speranza: «Il ritorno a una normalità più consapevole».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 31 Dicembre 2021
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