La violenza sulle donne entra in carcere, ai Miogni uno spettacolo che porta speranza
Un reading teatrale si terrà venerdì 25 novembre alle ore 13.30 ai Miogni: "Alone storie di tutti i giorni", di e con Michela Prando. Al centro la "giustizia riparativa"

Una performance teatrale nella Casa Circondariale di Varese per “legare le esigenze della giustizia anche riparativa, alla Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra il 25 novembre.”
E’ questo il senso del reading teatrale che si terrà venerdì 25 novembre alle ore 13.30 ai Miogni: “Alone storie di tutti i giorni”, di e con Michela Prando.
“Questo spettacolo nasce dalla raccolta di storie e dal lavoro svolto per due anni all’interno dei Progetti denominati “In-Contro” e “Un futuro in Comune: Giustizia Riparativa” fatti in collaborazione con il Comune di Varese, la Cooperativa Lotta Contro L’emarginazione e Fondazione Enaip”,- spiega la direttrice della Casa Circondariale di Varese Carla Santandrea.
“Il funzionario giuridico pedagogico Domenico Grieco ricorda che da alcuni anni in occasione di questa giornata vengono organizzate in istituto, con la partecipazione di alcuni gruppi di detenuti, iniziative per porre l’attenzione sul rispetto delle donne e riflettere su questa tematica “.
Michela Prando autrice e protagonista dello spettacolo teatrale racconta che non è facile addentrarsi nelle maglie della Giustizia riparativa. “È un terreno nuovo, che non conoscevo. Ho letto molti testi tra cui: “La giustizia e le ingiustizie” di Federico Stella ; “Il libro dell’incontro” di Bertagna, Ceretti, Mazzucato ; “Il perdono responsabile” di Gherardo Colombo e molti altri. Ho avuto anche la fortuna di intervistare Gherardo Colombo e di partecipare ad alcune formazioni organizzate dal tavolo della giustizia riparativa di Trento”.
“Inoltre, con gli operatori della Cooperativa Lotta contro l’emarginazione il dialogo è continuo e mi permette di ascoltare storie che loro incontrano realmente tutti i giorni. Per scrivere il testo di “Alone, storie di solitudini”, sono partita da alcune semplici domande: Quali sono i tuoi ricordi da piccolo? Che giochi amavi fare? Chi ti leggeva le storie prima di addormentarti? A partire da questi ricordi racconterò la storia di Carlo, giornalista, che farà da cornice e da filo conduttore per tutti gli altri racconti.
Carlo, nato nella periferia di Milano, si è sempre sentito diverso, con i suoi pregiudizi e vincoli mentali e la paura di raccontare chi era veramente e in quale quartiere abitava perché rischiava di subire una sorta di “ghettizzazione”. Carlo non rimane dentro questo pregiudizio e decide di fare una scelta diversa: “Fin da piccolo” – come dice lui – ”Amavo leggere, le storie mi catapultavano in altri mondi, non ero più io, potevo essere chi volevo quando volevo, mi trasformavo da condottiero a ladro o a poliziotto in un batter d’occhio. Nelle storie ci sono tante parti, tanti personaggi, da piccolo mi divertivo a creare rime. Pensate al mondo, ognuno ha la sua parte”.
“Le storie che racconto sono storie di tutti i giorni che possono accadere a chiunque perché la violenza è dentro ciascuno di noi. Bisogna però sapersi riconoscere nelle storie e bisogna cercare di cambiare la narrazione, se ci vanno strette.
Carlo incontrerà la storia di Said, che è partito con una valigia carica di sogni per capire presto che la realtà è ben diversa, ma anche la storia di Roberto e Marco: un uomo che scambierà l’amore per violenza e un altro, rapinatore, che incontrerà la giustizia riparativa e metterà a nudo la sua corazza.
Uno spettacolo che cerca di dare voce anche alle vittime: più o meno visibili. La comunità e un’anziana signora vittime della paura e dell’insicurezza causata dai reati commessi da Said ; Anna vittima di violenza di genere e vera forza della famiglia ; Claudio vittima di una rapina in banca che pur di non sentire più quel rancido in bocca della vendetta incontrerà il suo autore in un percorso di giustizia riparativa capace di riparare le ferite”.
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