All’ospedale di Varese si festeggiano i 10 anni del progetto Dama

Il "Disabled Advanced Medical Assistance" è un modello di accoglienza e cura dedicato a pazienti con gravi disabilità intellettive, comunicative e neuromotorie

dama ospedale varese

10 anni, 1700 pazienti, una piccola, grande, rivoluzione.
Se c’è un’esperienza che ha davvero precorso i tempi, indicando il paradigma per la sanità del futuro che ora è considerata la via maestra nella letteratura quanto nella normativa, è il “Dama”. Dietro all’acronimo che suona un po’ aspro, Disabled Advanced Medical Assistance, c’è un modello di accoglienza e cura dedicato a pazienti con gravi disabilità intellettive, comunicative e neuromotorie che adatta il percorso ospedaliero alle loro specifiche esigenze.

Ecco il punto di forza del Dama, quello cioè di sapersi tradurre in una risposta diversa, dedicata, alle esigenze di salute di ciascuno dei 1.700 pazienti che in questi primi dieci anni di attività vi si sono rivolti, trovandovi accoglienza, umanità, cura, assistenza. E non è poco, come dimostrano le tante espressioni di gratitudine e apprezzamento che il team del Dama costantemente riceve.

Era il 2 dicembre 2012 quando, grazie anche al decisivo supporto offerto dalla Fondazione Il Circolo della Bontà e dalla Fondazione Renato Piatti, e alla collaborazione dei volontari di Anffass, il Dama ha preso il largo.

La sede, alcuni locali che si trovano al piano terra del Monoblocco dell’Ospedale di Circolo, dietro la Hall, è rimasta la stessa, come lo spirito che anima l’équipe dedicata, guidata dapprima dal dottor Mario Diurni e poi, negli ultimi sette anni, dalla dottoressa Sabrina Perazzoli.

«Accanto a me e alle infermiere, guidate da Rita Montalbetti, c’è davvero tutto l’Ospedale – tiene a sottolineare la dottoressa Perazzoli -. A seconda delle esigenze specifiche di ogni paziente, tutti i professionisti dell’Ospedale di Circolo e dell’Ospedale Del Ponte intervengono e collaborano con noi, proprio per offrire una soluzione personalizzata, declinando l’organizzazione ospedaliera su ogni singolo caso. In un certo senso, ci sentiamo davvero un patrimonio dell’Ospedale! Attualmente abbiamo in cura oltre 1700 pazienti. Nei primi nove mesi di questo decimo anno di storia del Dama varesino contiamo oltre mille prestazioni ambulatoriali e un centinio di day hospital: i pazienti, in questo secondo caso, vengono ricoverati sotto l’egida della struttura competenze, ma è l’équipe del Dama ad accoglierli e ad accompganarli nel loro percorso».

Il Dama dispone infatti di una sorta di cabina di regia, che risponde ad un Call Center, una sorta di centrale operativa intelligente, il cui compito è proprio quello di definire i percorsi più adatti per ciascun paziente. Anche la sede si trova in un’area strategica, accanto alla hall e al Pronto Soccorso, a pochi passi dall’ingresso principale dell’Ospedale di Circolo. E’ inoltre possibile raggiungerla da un ingresso posteriore, agevole per le ambulanze ed è in prossimità dell’area del parcheggio disabili.

«Tra i progetti a chi stiamo lavorando – spiega la dottoressa Perazzoli – c’è quello di costituire una rete nazionale dei servizi Dama e, in questo obiettivo, il Dama varesino ha un ruolo particolarmente proattivo, che prefigura già un futuro ruolo da hub, proprio per la grande esperienza acquisita».

«Da un’area territoriale periferica come quella di Varese, esperienza come quella del nostro Dama si pongono come esempio centrale in Italia, al fine di implementare un modello gestionale e professionale che facilita l’assistenza dei più fragili e delle loro famiglie. La filosofia del Progetto Dama, nata all’Ospedale San Paolo di Milano nell’anno 2000 e presto adottata anche a Varese, ha dimostrato come la sfida della sanità del futuro possa essere vinta solo se si ha davvero il coraggio di rompere i vecchi schemi e cambiare il modo di pensare – conclude il Direttore Sanitario e Sociosanitario di ASST Sette Laghi, Lorenzo Maffioli – il doppio ruolo che mi trovo a ricoprire in questa azienda, alla guida del Polo Ospedaliero e del Polo Territoriale, mi porta a vedere con ancora maggiore nitidezza quanto le nostre strutture debbano sempre di più adeguare la propria organizzazione avendo come punto di riferimento non più il concetto di sanità, ma quello di salute, e in particolare la salute non di un paziente standard, ma di una persona in carne ed ossa, a cui offrire risposte che non si riducono al percorso ospedaliero, ma che sempre di più, anche per il DAMA, dovranno aprirsi all’offerta territoriale».

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La filosofia alla base del Progetto DAMA

Quando una componente del benessere (la salute) viene meno per un qualunque problema medico, è diritto dell’individuo godere di un’accoglienza che garantisca un percorso tempestivo con un programma di orientamento diagnostico e terapeutico adeguati.

In particolare, le caratteristiche del paziente disabile grave e gravissimo (con disabilità intellettiva e neuromotoria grave con severo deficit di comunicazione) rendono molto più impegnativo un approccio medico efficace e razionale.

La struttura ospedaliera deve garantire un’organizzazione coordinata e dedicata e promuovere dei progetti di accoglienza personalizzati, adeguando i servizi al carico assistenziale di questi pazienti. Ma le cure dedicate alle persone con disabilità in ambito ospedaliero per patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa presentano numerosi punti critici, quali per esempio la presenza di barriere materiali, organizzative/gestionali e culturali.

L’organizzazione mondiale della sanità (World Health Organization, WHO) stima che per le persone con disabilità sia raddoppiata la possibilità di trovare operatori e strutture inadeguate rispetto alle persone senza disabilità, sia triplicata l’eventualità che venga loro negata l’accesso a cure sanitarie, quadruplicata la possibilità che vengano trattate senza rispettare la loro dignità.

Il primo Progetto DAMA, acronimo di Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Accoglienza medica avanzata per disabili”, è nato all’Ospedale San Paolo di Milano nell’aprile 2000 come progetto pilota della Regione Lombardia raccogliendo le istanze delle famiglie di persone con disabilità che chiedevano di veder garantito il diritto alla loro esigenza di benessere.

Tali esigenze erano state evidenziate dal Fondatore di LEDHA (Lega per i diritti delle persone con disabilità), Edoardo Cernuschi, che affermava che «il disabile grave soffre due volte una perché sta male, l’altra perché non è in grado di comunicarlo».

Per il soggetto con grave limitazioni funzionali, le necessità diagnostiche rivestono spesso carattere di urgenza, in quanto queste persone presentano oggettive difficoltà o addirittura impossibilità nel comunicare le proprie condizioni di salute.

La conseguenza, sul piano organizzativo, è la difficoltà da parte della struttura ospedaliera di garantire una risposta adeguata, pianificata, coordinata e dedicata, oltretutto gravata spesso da un iter particolarmente impegnativo e non sempre efficace. Allo stesso modo anche per il paziente ed i suoi necessari interpreti, i caregivers (famiglie, assistenti, educatori), l’accesso alla struttura ospedaliera viene vissuta come estremamente impegnativa e spesso escludente.

La finalità del progetto Dama è quella di “adattare” ad ogni singolo paziente il percorso, con una gestione molto flessibile delle risorse della struttura ospedaliera ed una conseguente ottimizzazione dei tempi e della qualità dell’intervento. In accordo alla “Carta dei Diritti delle persone con disabilità in Ospedale”, documento che riassume tutti i punti chiave dell’assistenza al paziente con disabilità, presentata per la prima volta nel 2013, il Progetto Dama si propone di ridurre le difficoltà di accesso alle cure e di garantire il diritto alla salute come previsto dall’art. 32 della Costituzione e dall’art. 25 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Per affrontare questi problemi è stata costituita un équipe dedicata in grado di coordinare l’attività diagnostica e terapeutica all’interno della struttura ospedaliera, con personale infermieristico e volontario dedicato all’accoglienza dei pazienti e delle loro famiglie, che vengono accolti in un luogo adeguato che sia un punto di riferimento per le famiglie al quale potersi rivolgere per riferire problemi emergenti o per richiedere consulenze in caso di necessità e che prepari ed organizzi percorsi diagnostici e terapeutici il più possibilmente individualizzati secondo le peculiari esigenze del paziente e delle loro famiglie.

E’ un’equipe multidisciplinare che costituisce il nucleo che gestisce in prima persona i problemi medici e chirurgici, costruisce i percorsi diagnostico-terapeutici e coordina tutta l’attività degli specialisti e dei servizi coinvolti. Questo modello organizzativo consente di adattare ad ogni singolo paziente il percorso, con una gestione molto flessibile ed elastica delle risorse della struttura ospedaliera, con conseguente ottimizzazione dei tempi e della qualità dell’intervento, ponendo un’attenzione “centrale” alla persona disabile e ai problemi di tutto il nucleo di persone che quotidianamente vive con lui.

I servizi principali di cui ci si può avvalere sono: l’ascolto, l’accoglienza, l’assistenza sanitaria, la diagnosi, l’impostazione di percorsi terapeutici efficaci e razionali, la raccolta anamnestica dei dati clinici.

Tra gli scopi di Dama c’è il favorire il passaggio dal curare al prendersi cura, fino al farsi carico del bisogno di aiuto espresso in maniera esplicita o implicita dal paziente. “Umanizzare la medicina, quindi: curare l’uomo, il malato e non la malattia; farsi carico della sofferenza, oltre il dolore fisico; curarsi delle persone, piuttosto che curare le persone, nell’ambito di un incontro irripetibile tra due esistenze, quella del paziente e quella del sanitario” (Patrizia Funghi: “Curare e prendersi cura. Temi di bioetica e di biodiritto”. Franco Angeli 2009).

Al termine di un periodo di osservazione, Regione Lombardia, preso atto del successo di questo progetto-pilota, decretò un finanziamento triennale per costituire un team sanitario, acquisire le apparecchiature informatiche, sviluppare corsi di formazione, informazione e pubblicità e ha fatto di questo servizio una delle priorità espresse nei suoi piani sociosanitari.

Sulla scorta del successo del lavoro fatto, Dama è stato esportato a livello regionale a Mantova, all’Ospedale Carlo Poma, ove è attivo il Progetto Delfino dal 2010 mentre a  Varese, Dama è stato istituito all’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi a dicembre 2012.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Dicembre 2022
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